Sigmund Freud and the Play on the Burden of Representation, curata da Mario Codognato, Joseph Kosuth e Luisa Ziaja, allestita presso la 21er Haus di Vienna, è un’ affascinante esposizione dedicata al padre della psicoanalisi in mostra fino all’11 gennaio 2015.
Appare essere un paradosso se si considera che Sigmund Freud non ha particolarmente amato l’arte della sua epoca, come dimostra il museo allestito nel suo ultimo appartamento londinese, dal quale si evince chiarmente il suo gusto prevedibile e convenzionale. Eppure, Sigmund Freud dicono che sembra essere uno tra i pensatori che ha maggiormente orientato alcune tra le più rilevanti forme dello sperimentalismo del novecento dalla stagione delle avanguardie fino a quella delle post-avanguardie.
Un’esposizione dunque ricca e sorprendente questa promossa in occasione del 75° anniversario della morte del Sigmund (1856-1939), che raduna opere provenienti dalle collezioni del Belvedere e del Freud Museum di Vienna.
Secondo Freud accanto alla realtà esteriore esiste un cosmo non ancora conosciuto: “noi ci illudiamo di impostare la nostra esistenza a partire dall’investimento che facciamo su noi stessi, invece siamo sorretti da un incontrollabile «sottosuolo»”. Queste convinzioni trovarono poi formulazione nell’Interpretazione dei sogni (del 1900), dove sottolineò che la personalità è composta da vari strati, che si sovrappongono e coesistono e pare secondo alcuni abbia addirittura ispirato alcuni tra gli «artisti dell’onirico» i che tendevano a mettere in scena quel genere di sogni che appaiono solidi e stabili.
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