Sabato 5 e domenica 6 marzo al Teatro municipale Giuseppe Verdi di Salerno vanno in scena “Dolore sotto chiave” e “Pericolosamente” due atti unici di Eduardo De Filippo, a oltre trent’anni dalla sua scomparsa. In scena Tony Laudadio, Luciano Saltarelli e Giampiero Schiano diretti da Francesco Saponaro. Con questa messinscena il regista, molto esperto nella drammaturgia napoletana, affronta un Eduardo meno frequentato dove incombe, silenzioso, il tema della morte (sia essa reale, presunta o, semplicemente invocata) tra sfumature grottesche, colorate di umorismo nero. Lo spettacolo si arricchisce di un’ouverture, adattamento in versi e in lingua napoletana della novella del 1914 di Luigi Pirandello “I pensionati della memoria”.
“Dolore sotto chiave” nasce come radiodramma nel 1958, andato in onda l’anno successivo con Eduardo e la sorella Titina nel ruolo dei protagonisti, i fratelli Rocco e Lucia Capasso. Viene portato in scena due volte con la regia dell’autore, con Regina Bianchi e Franco Parenti nel 1964 (insieme a “Il berretto a sonagli” di Luigi Pirandello) per la riapertura del Teatro San Ferdinando di Napoli e nel 1980 (insieme a “Gennareniello” e “Sik-Sik”) con Luca De Filippo e Angelica Ippolito
“Dolore sotto chiave” – dice il regista Francesco Saponaro – parte da un’intensa ispirazione pirandelliana. Il tema della morte incombe silenzioso e il dolore del lutto viene nascosto e soffocato da un gioco sottile di ricatti e sottintesi: i buoni sentimenti come la carità cristiana, la compassione o la mania borghese della beneficenza diventano armi improprie per dissimulare, negli affetti, quella segreta predisposizione dell’essere umano al controllo e al dominio sull’altro”.
Dall’interno borghese dei fratelli Capasso, in “Dolore Sotto chiave”, si passa al salotto dei coniugi Arturo e Dorotea, in “Pericolosamente”(del 1938).
L’atto unico, dall’apparente fulmineità di uno sketch, grande successo del Teatro Umoristico dei De Filippo, gioca tutto sul classico litigio coniugale.
Ogni volta che Dorotea dà sfogo alle sue intemperanze Arturo, per ripristinare l’ordine familiare, impugna la rivoltella caricata a salve e le spara, scatenando la comica reazione di terrore da parte dell’ignaro amico Michele appena rientrato a Napoli da un lungo viaggio di lavoro.