Un lavoro di world music a tutto tondo, nel tempo, nello spazio e nella tecnica. Mescolanza di suoni analogici, di strumenti antichi con le programmazioni. E poi la ricerca vocale e melodica, quella cultura tramandata per generazioni dai commercianti, pastori… dal popolo di ogni giorno e di ogni angolo del nostro prezioso sud. Tutto questo nasce a Torino dal progetto dei Folkatomik, nati da Franco Montanaro, Oreste Forestieri e Valeria Quarta, e dall’incontro con il chitarrista e producer di musica elettronica Li Bassi. Si intitola “Polaris” questo primo lavoro ufficiale dentro cui appunto il mondo si mescola senza quella violenta sensazioni di mancare un rispetto doveroso alle forme e ai suoni della storia.
Un disco davvero importante. Complimenti. Esiste un filo logico, un filo storico o altro che lega assieme i brani scelti e anche la scelta che sta alla base?
Forestieri: Intanto molte grazie per i complimenti. Non c’è (volutamente) un filo che lega i brani… E questa è la scelta che sta alla base. Abbiamo semplicemente portato all’interno del disco parte del bagaglio di ognuno di noi.
E quanto vi siete scontrati con i puristi? So per certo che coloro che sono legati tanto alla forma antica, storcono il naso e condannano nuove trasposizioni… sbaglio?
Forestieri: Tre quarti del nostro ensemble provengono da quel mondo, quello dei cosiddetti “puristi” o affezionati alla forma antica diciamo così… Abbiamo avuto il piacere di confrontarci con amici amanti del genere: danzatori, suonatori tradizionali, studiosi, musicisti. E devo dire che i pareri sono entusiasti da parte di molti. Tanti ammirano il coraggio e appoggiano le nostre scelte, altri apprezzano la qualità del lavoro ma non lo condividono.
Valeria: La parola purista, esattamente come la parola tradizione, contengono al loro interno, volendo o non volendo e aggiungerei per nostra ricchezza e fortuna, contaminazione ed integrazione, e quindi, la speranza è di poter usufruire della musica in modo libero e che la si lasci al suo destino mutevole e arricchente.
E dunque, restando sul tema, secondo voi “Polaris” ha rispettato o dato nuova forma alla storia?
Forestieri: Ha rispettato dando una nuova forma.
Valeria: In POLARIS c’è l’amore per i suoni più arcaici, per i suoni dal mondo e per i suoni che guardano al futuro, la forma della musica avrà sempre dei tratti storici che integrano tratti dal futuro. Per cui la forma è mutevole, quindi nuova.
E direi che a queste domande risponde la copertina del disco. Ma il futuro, secondo voi, corre in una sola direzione? Oppure nel futuro ritroveremo le antichità?
Li Bassi: Direi che per la prima volta nella storia abbiamo a disposizione una quantità di musica e informazioni mai avute prima in tasca. Probabilmente abbiamo più info su uno smartphone che nella biblioteca di Alessandria… Quindi il futuro avrà un collegamento con “l’antichità” più forte che mai, vedo molta libertà in questo. Potresti vivere a Saigon ed amare il rockabilly, studiare a Bergamo ed amare il country…perché no? È una storia di libertà, una sola direzione non potrà contenerle tutte.
Dal vivo, “Polaris” come si mostra e cosa racconterà? Farete storia o farete semplicemente nuova musica?
Li Bassi: Mh…live dal punto di vista tecnico è un incontro fra strumenti tecnologici.. (Synth, campionatori, efx ecc…) con strumenti tradizionali (tamburelli, mandolino, flauti ecc…). Cercando un equilibrio fra le varie radici dove tutti trovano il loro spazio. Forse fra fare storia o musica nuova…direi che cerchiamo di fare qualcosa di “bello”e che possa arrivare come una freccia alla gente, sia a livello sonoro che visivo. Tutto passa, tutto stanca, tutto torna…quindi cercheremo solo di essere onesti con noi stessi e si sbaglia? Eh…si ricomincerà ancora una volta.