Torna l’appuntamento con i personaggi della cultura e dell’attualità nel foyer del Teatro Diana di Napoli. La rassegna “L’incontri ad Diana” è partita, per la nuova stagione, come una macchina in corsa. È il caso di dirlo! Ad aprire la nuova edizione di questi appuntamenti, domenica 8 febbraio alle ore 11.30, presso il Teatro Diana di Napoli, è stato “La Macchina della Felicità”, il nuovo romanzo di Flavio Insinna edito da Mondadori. Il mattatore di Rai 1, conduttore del seguitissimo gioco preserale Affari tuoi (anche quest’anno campione di ascolti), incontra il pubblico napoletano per parlare del suo nuovo romanzo. Infaticabile tra la tv (Affari tuoi), dopo tanti trascorsi come attore (Don Matteo, Ho sposato uno sbirro e tanti altri numerosi successi), e dopo l’esperienza al cinema come doppiatore (Big Hero 6), Flavio Insinna e ora di nuovo in libreria.
A due anni dal suo primo libro, Neanche con un morso all’orecchio (2012), dedicato al padre e diventato un bestseller, il conduttore di Rai 1, firma “La macchina della felicità” per la Mondadori.
Il romanzo racconta di Vittorio, un uomo che sa spendersi fino in fondo, senza cercare alibi né compromessi: quando capisce che ha buttato via alcuni anni della sua vita, fa i conti con se stesso e si rimbocca le maniche. Non ha paura, affronta le battaglie quotidiane e cerca di vincerle. Vittorio, abitudinario, ogni martedì va al cinema a vedere un film di insuccesso. Alla cassa c’è Laura, bella e provata dalla vita, ironica e sognatrice. Fra i due scocca la scintilla: tra sentimenti, passioni e colpi di scena si arriva a un finale inaspettato. I due protagonisti sono due infelici fino a quando non si incontrano: ma anche quando le cose sembreranno scivolare via serene, saranno costretti a scelte complesse. Flavio Insinna, tornato moro, dopo essersi tinto di biondo per festeggiare il successo di ascolti del programma Affari Tuoi, diverte il pubblico del Foyer del Teatro Diana, raccontando suoi aneddoti familiari, rispondendo alle curiosità dei presenti e leggendo alcuni paragrafi del suo bel romanzo. Accompagnato dal Maestro Nigro alla tastiera e da altri due musicisti alla batteria e al contrabbasso, Flavio Insinna legge il suo romanzo tra suoni candidi e brani allegri che il maestro Nigro, gli “appoggia” con grande complicità. Sorrisi, spontaneità e giusta disponibilità fanno di questo incontro, un piacevolissimo momento di cultura e di aggregazione. Con un pubblico che si trattiene fino alle 14 per strappare al conduttore di Rai 1, un autografo, una dedica o una fotografia.
E dopo aver atteso questi momenti di simpatia tra Flavio Insinna ed i suoi lettori, incontriamo il “conducente” Rai, e non conduttore, (così ama definirsi! ndr) e scambiamo qualche battuta con lui.
Parlaci un po’ de “La macchina della Felicità”, il tuo nuovo romanzo.
«La macchina della felicità ha come protagonista Vittorio. Un uomo che, d’improvviso, dopo essersi accorto di aver sprecato tanti anni della sua vita, incontra Laura, una cassiera del cinema che lui frequenta. I due scoprono di piacersi, ed insieme, cercano di ribellarsi alle loro vite che in realtà, fino ad allora erano state solo due sopravvivenze. Insieme, trovano il coraggio di provare a cambiare le loro esistenze, perché non è vero che se metti insieme due infelici, nasce la felicità! Nascono due infelici giganti. E quindi bisogna provare a dare una sterzata alle paure e tuffarsi nella propria felicità con fiducia. Non è un romanzo consolatorio. È una storia d’amore nella quale, se si va a scavare nelle pieghe, si trova la felicità. Quella felicità che resta.»
In questo romanzo parli d’amore. In una realtà dove tutto è superficiale ed i sentimenti quasi non esistono più, credi che questo libro sia più “coraggioso”, o “speranzoso”?
«Questo è un libro ribelle. Che non tratta solo d’amore, ma che parla della possibilità dell’impossibile. Questo libro, con la massima umiltà, dona lo sprono per una speranza. Per dimostrare che se in una cosa si crede, avverrà. Ma non solo sognando il cambiamento, ma rimboccandosi le maniche e cercandolo a tutti i costi. Devi sognare bene! Con tutta la forza che hai! Il nostro è un paese, purtroppo, dove hai ormai, paura anche di sognare, non solo di sperare in un futuro. La parte sentimentale del libro mi interessa nella stessa “quantità” (passami il termine, aggiunge colloquiando, ndr!) della voglia di ribellione che può emergere dalla lettura. Non è un romanzo d’amore. È un libro che racconta della dignità che dobbiamo ritrovare, per vivere bene la vita, che è un dono, e non limitarci a vivere soltanto una serie di giorni ammucchiati uno dietro l’altro. Io sono un ribelle e volevo che uscisse questo. È vero anche che sono anni difficili. Ma è allora che devi ribellarti. Quando le cose vanno bene non ne hai motivo di ribellarti.»
Una dedica personale tua per questo libro?
«L’amore è pazienza, la vita è pazienza, ma, ad un certo punto anche la pazienza, devi metterla da parte e devi ricominciare da zero se la vita che stai vivendo non pensi sia tale. Si può e si deve ripartire senza paura.»
Conduci Affari tuoi, che è un gioco. Vittorio, vive all’interno di un casinò. Che rapporto hai tu con il gioco?
«Io so come si gioca. Non so come si vince, ma so anche come si fa a non perdere. Affari Tuoi non è paragonabile alla storia di Vittorio, perché in trasmissione il concorrente non perde nulla. Al massimo non vince. Al casinò, invece, ed io ci so stare perché ci vado, non ho mai perso! O se ho perso, ho perso 100 lire e me ne sono tornato in albergo fischiettando tra gli amici. Perché il gioco deve essere tale. Un momento ludico tra amici, non un’alienazione da solo. Io lo dico spesso – parlo di Roma che è la mia città, ma credo accada ovunque – vedere, fin dal mattino, donne, anche di una certa età, attaccate alle slot-machine, mi fa una grande tristezza e mi provoca una seria preoccupazione per il nostro paese.»
Una domanda sulla tua carriera. Tante esperienze tra cinema, teatro e Tv. Una vita dedicata al successo.
«Beh, mio padre era un medico affermato. Seguire la sua strada, per me, sarebbe stato impossibile. Perché svenivo alla vista di un ago. (sorride divertito, ndr) e quindi ho dovuto ripiegare su altri mestieri. Ho studiato con il grande Gigi Proietti e mi sono ritrovato a lavorare con i più grandi. Ma nonostante i successi, professionalmente, mi sono ritrovato spesso a dire tanti No! Se ribaltassi la mia carriera e i miei No detti in passato diventassero dei sì, sarei ricchissimo. Ma spesso, pur avendo tanti consensi e attestati di stima, ho avuto il sentore di non essere in grado. E forse questa è anche una mia fortuna. Come dicevano Mastroianni e Fellini, il loro rapporto era basato su una profonda disistima. Ed io soffro della stessa “auto-disistima” e, fino a quando questo sentimento sarà presente in me, mi sentirò ancora capace di raccontare storie e regalare sorrisi senza sentirmi scontato e arrivato. E sarò, così, motivato ad accettare nuove sfide.»