Il Teatro Mercadante di Napoli inaugura la stagione 2022/2023 con lo spettacolo Ferito a Morte di Emanuele Trevi, tratto dall’omonimo romanzo di Raffaele La Capria, con Andrea Renzi nel ruolo del protagonista Massimo, Gea Martire in quello della Sig.a De Luca, Paolo Mazzarelli, Paolo Cresta, Giovanni Ludeno, Aurora Quattrocchi, Marcello Romolo, per la regia di Roberto Andò; una co-produzione Teatro di Napoli-Teatro Nazionale, Fondazione Campania dei Festival, Emilia Romagna Teatro-Teatro Nazionale, Teatro Stabile di Torino-Teatro Nazionale (repliche fino a domenica 30 ottobre).
Si sarebbe dovuto festeggiare il centesimo compleanno di La Capria il 3 ottobre con una soirée a lui dedicata proprio al Teatro Mercadante, se il Maestro partenopeo – premio Strega nel ’61 proprio per Ferito a Morte – non ci avesse lasciati lo scorso 26 giugno. Così questo spettacolo (già programmato) appare molto più di un semplice omaggio a uno degli scrittori più influenti e innovativi del Novecento italiano, piuttosto un modo per far rivivere in carne ed ossa i personaggi, le ambientazioni, le suggestioni del suo capolavoro letterario.
Così il regista Roberto Andò: «Forse il grande tema di Ferito a morte è il tempo, l’irretimento e l’abbandono che convivono in modo speciale nel nostro modo di sostarvi dentro, nella nostra coscienza del suo scorrere incessante fuori e dentro di noi. Ferito a morte è un romanzo divenuto molto presto un classico, su cui molto è stato scritto. Di tutto quello che ho letto mi è rimasta una memoria molto viva del commento di Domenico Starnone, lì dove dice che “L’impressione più duratura di quella prima lettura fu la confusione emozionante delle voci. Mi sembrò di finire dentro la radio mentre qualcuno gira la manopola e l’asta scorre attraverso le stazioni. Ma con mia meraviglia tutto era comprensibile. Scoprivo e insieme riconoscevo luoghi, sensazioni, persone, formulari, toni, la mia stessa città. Insomma, c’era racconto, ma era un modo assolutamente diverso di raccontare. Era – mi sembrò – un modo assai più vero”. Come ogni racconto del tempo che passa – anche se tutto si svolge in una sola giornata – il romanzo di La Capria, in modo del tutto originale e unico, è attraversato dai fantasmi della Storia. In questo senso è anche un libro sul fallimento della borghesia meridionale, sul marciume corrosivo del denaro, sullo sciupio del sesso, sul disfacimento della città all’unisono con chi la abita, sulla logorrea e la megalomania, sul piacere di apparire e fingersi diversi da come si è».
All’alzarsi del sipario lo spettatore si trova immerso negli abissi marini, laddove la mancata cattura della spigola da parte del giovane Massimo dà la cifra di tutto il racconto: la grande occasione mancata (tema che sarà poi ricorrente in tutta la produzione lacapriana). Lo spettacolo poi si dipana attraverso una polifonia di personaggi che compongono la decadente società provinciale altoborghese napoletana del dopoguerra, della quale lo stesso autore faceva parte, così vicina a quella odierna. Il giovane Massimo (alter ego di Raffaele) decide così di allontanarsene e di cercare realizzazione umana e professionale a Roma, meta di chiunque volesse intraprendere la carriera di scrittore. Le scene che si susseguono, dunque, non sono altro che un sovrapporsi di ricordi familiari, amorosi e amicali che si affollano nella mente del protagonista nel giorno antecedente la sua partenza. Alcune trovate sceniche di grande effetto suggeriscono ciò che il testo non dice esplicitamente, come le onde del mare che – come ricordi evanescenti – si infrangono sul proscenio, o come i tavoli separati del pranzo domenicale, a suggerire la solitudine e l’incomunicabilità fra i personaggi. Le scene e le luci di Gianni Carluccio e le proiezioni di Luca Scarzella, nonché i costumi di Daniela Cernigliaro donano allo spettacolo un grande impatto visivo ed emotivo. Il resto è dovuto al talento di una numerosa e ben amalgamata compagnia di sedici elementi, capitanata dal bravo Andrea Renzi che, insieme al regista Andò, offre uno spettacolo fluido ed equilibrato, frizzante e mesto, profondo e spensierato, per un’operazione di adattamento per le scene pienamente riuscita.