con Dolly Albertin, Gianluca Ballarè, Bobò
Pippo Delbono, Ilaria Distante, Simone Goggiano
Mario Intruglio, Nelson Lariccia, Julia Morawietz
Gianni Parenti, Pepe Robledo, Grazia Spinella
immagini Pippo Delbono, musiche Enzo Avitabile, luci Robert John Resteghini, direzione tecnica Fabio Sajiz, suono Corrado Mazzone, luci e video Orlando Bolognesi
Il titolo del nuovo spettacolo di Pippo Delbono sebbene possa apparire insolito se confrontato con i titoli del suo repertorio – rappresenta un fiore esotico e delicato, elegante e suggestivo che sovente abbellisce i salotti delle case borghesi in esemplari artificiali, e questo fiore riassume il senso del viaggio che l’artista ha intrapreso insieme alla sua compagnia. In Orchidee (in scena al Teatro Argentina fino al 19 gennaio) Delbono viaggia nelle diverse dimensioni dello spazio teatrale, trascinando nella sua danza imprevedibile i fantasmi del cinema mentre guida i suoi attori attraverso gli specchi. Mettendo in scena il falso di fronte al vero, Delbono oppone i codici della finzione cinematografica all’arte dello spettacolo dal vivo, alla verità dell’azione teatrale in scena. Come un “terrorista della cultura”, invita a una festa che infiamma per rendere omaggio ai vivi e alla verità delle cose, alla bellezza luminosa degli esseri sempre in preda alla luce oscura della luna. Inventore di immagini forti, spazi, ritmi, Delbono compone e dirige la sua compagnia, la sua famiglia, per ricostruire il mondo. Nei suoi spettacoli si incontrano scandali, folgori, visioni, ed ancora colori, voci, scoppi, e il mondo con le sue meraviglie, le violenze, i corsi e ricorsi della storia. Spirito libero della scena internazionale, Delbono crea universi fantasmagorici, impossessandosi della scena con la sua compagnia fatta di cantori, danzatori, attori di altri mondi che insieme inventano una celebrazione delle forze della vita per un teatro necessario.
Oggi, il Teatro Argentina ha presentato il suo film Sangue, storia che racconta dell’incontro tra Pippo Delbono e Giovanni Senzani, ex leader delle Brigate Rosse. Un incontro dove si incrociano le storie di due donne: la madre di Delbono, Margherita, fervente cattolica, ed Anna, la moglie di Senzani, contraria da sempre alla lotta armata, che ha deciso di accudirlo e sostenerlo nei 23 anni di prigionia. Due donne che muoiono a pochi giorni di distanza lasciando i due uomini feriti e indifesi, improvvisamente soli. Ed attraverso la morte si parla delle rivoluzioni, del sangue, ma soprattutto dell’amore, della vita.
«Di Sangue hanno scritto persone che non lo avevano nemmeno mai visto, contestandolo a priori poiché all’interno c’è Senzani, ex leader delle Brigate Rosse mai “pentito”, quindi per loro è semplicemente un assassino e basta… È uscita fuori la mediocrità del nostro paese, che ha paura di vedere quella storia e preferisce non conoscerla o raccontarsela solo per quello che gli torna comodo. Il paese della menzogna. Ma questo non è un film sulle brigate rosse, bensì un lavoro dove oltre a mia madre c’è un ex brigatista. E’ un film che guarda la morte per parlare della vita. E credo che parlare della morte, della verità della morte, è come parlare degli anni di piombo, nel nostro paese un grande tabù».