In questi giorni al cinema possiamo vedere l’adattamento cinematografico del secondo romanzo di Massimo Gramellini Fa bei sogni (2012, edito da Longanesi), un successo con oltre un milione di copie vendute. Al cinema, il racconto autobiografico, è affidato al regista Marco Bellocchio (nel 2011, Leone d’Oro alla carriera alla Mostra Internazionale d’arte cinematografica di Venezia) che assegna il ruolo da protagonista al sempre bravo Valerio Mastandrea e il ruolo della moglie, in parte salvifica, alla splendida e brava Bérénice Bejo (la protagonista di The Artist nel 2011).
La storia è ormai nota e comincia in una mattina del 31 dicembre 1969 quando Massimo, a nove anni appena, trova suo padre nel corridoio sorretto da due uomini. La moglie, nonché madre del piccolo Gramellini, è morta e da questo momento, comincia una gara di omissioni e bugie per nascondere la verità più crudele: la madre è morta gettandosi dal balcone di casa.
Il film si muove parco tra i meandri di questo enorme dolore in cui, ovviamente, nessuno sarà più lo stesso e, nel caso del vicedirettore de La Stampa, ci sarà una vera e propria odissea emozionale che lo porterà, grazie all’incontro con la futura moglie Elisa e solo dopo la morte del padre (quando ormai aveva superato abbondantemente i trent’anni), alla verità.
Il suicido è una materia interessante, si supera un margine, si anticipa qualcosa che deve, comunque, arrivare per tutti senza sconti per nessuno. Le cause di una tale decisione sono tantissime e tutte drammaticamente valide, persino giuste. Si pensa che l’amore per un figlio possa superare qualsiasi cosa ma è evidente che non è così e si può decidere di salutare, con una dolcezza e una calma infinita, la propria famiglia con la consapevolezza che, di lì a poco, tutti perderanno qualcosa: quell’amore, quelle abitudini, quegli abbracci, quei baci, quelle sicurezze così labili alle quali, però, tutti aspiriamo. E si dice addio nel cuore perché la propria anima già è in viaggio altrove, molto ben lontano.
Non è semplice schiarire le ferite e Gramellini, come Bellocchio, scrutano dentro vie che sono di tutti, ci danno una possibilità e ci offrono un’alternativa.