In scena, al teatro Piccolo Bellini di Napoli, Exit, l’ultimo lavoro di Fausto Paravidino con con Sara Bertelà, Nicola Pannelli, Davide Lorino, Iris Fusetti (repliche fino a domenica 6 aprile).
Lui e lei. O, più semplicemente, A e B: due incognite senza soluzione. Sconosciuti che si incontrano e si piacciono. Un amore nato quasi per assurdo, una rottura immotivata dopo anni di convivenza. Crisi illogica, ma necessaria. Questioni di “affari interni” tra il professore e la moglie che s’interrogano insieme agli spettatori stessi sulle motivazioni del deterioramento del loro rapporto.
Ecco allora che si viaggia a ritroso alla ricerca di ragioni credibili, nessuna pienamente soddisfacente: politica, gelosia, i figli voluti/non voluti, il sesso (che c’entra sempre, ma) e, come punto di non ritorno, un paio di calzini colorati che la moglie gli ha regalato per un compleanno.
Nessuno di questi motivi però, proprio come accade nella vita reale, spiega veramente la rottura.
A e B si allontanano, incapaci di trovare altre soluzioni. A e B incrociano C e D, perché in fondo ogni crisi che si rispetti ha bisogno di altre incognite.
La coppia si sdoppia: il professore inizia una relazione poco chiara con una studentessa, la moglie simpatizza con un intenditore di gelati al pistacchio. I due desiderano nuovi equilibri ma trovano solo altre domande senza risposta.
Nessuno dei protagonisti si presenta mai per nome: non serve. Come aveva anticipato Fausto Paravidino, “Exit” racconta quattro personaggi intesi come luoghi più che come persone.
La storia si mostra tassello dopo tassello allo spettatore, tutto è ridotto all’essenza. La scenografia cambia sotto i nostri occhi e semplici simboli aiutano l’immaginario collettivo a contestualizzare luoghi nei luoghi. Visitiamo un “bar”, una “pizzeria”, facciamo un salto alla “Feltrinelli” e, grazie ad una “lampada rossa”, eccoci anche in un simpatico ristorante cinese. E’ un gioco continuo con la quarta parete, un’illusione senza trucco che fa denudare luoghi e incognite.
A e B, C e D, ma anche B e D si incontrano, senza però mai avere un confronto diretto. Il regista genovese ci mostra un rapporto uomo – donna che teme lo scontro frontale. I personaggi vivono di sensi di colpa, indecisioni e bugie. I loro tentennamenti e soprattutto le loro menzogne sono gli elementi che li rendono così reali. Quattro incognite che diventano man mano personaggi complessi e autentici.
Il segreto di questa pièce è racchiuso nei dialoghi: alcuni sono silenziosi, altri sovrapposti. C’è la voglia di comunicare e la paura di farlo.
A fine spettacolo, ecco sulla scena i quattro personaggi tutti insieme. A sinistra assistiamo a un dolce ritrovo della ex coppia con cui tutto era iniziato, dall’altro lato la giovane C incinta viene aiutata dal boyscout D a portare le borse della spesa. Incontri causali che cambiano la vita.
Le quattro incognite regalano allo spettatore una miriade di cose non dette, omissioni meravigliose.
Un’ultima telefonata a intrecciare le due linee drammaturgiche, telefoni senza fili a creare connessioni tra le coppie. Le luci si spengono, il finale resta ignoto.
Da non perdere.