Ritorna nelle librerie un autore amatissimo, Enrico Galiano con un nuovo romanzo dal titolo Una vita non basta (pag. 432, Ed. Garzanti, Collana Narratori moderni).
Nato a Pordenone nel 1977, insegnante in una scuola di periferia, ha creato la webserie Cose da prof. che ha superato i venti milioni di visualizzazioni su Facebook. Eppure cadiamo felici, il suo romanzo d’esordio del 2017, ha vinto il Premio Città di Como e il Premio cultura mediterranea.
Il segreto di un buon insegnante è in questo motto: Non ti ascoltano, se tu per primo non li ascolti.
Il protagonista di Una vita non basta è Teo, un ragazzo bocciato in seconda liceo che ha commesso qualcosa di davvero sbagliato e ora dovrà scontare un’estate di lavori socialmente utili. Nessuno sembra comprenderlo né i genitori né la sua migliore amica Peach. Tutto cambia quando per caso incontra il professore Francesco Bove che lo sprona a non arrendersi e a cercare dentro di sé le risposte ai tanti interrogativi e soprattutto a far tesoro degli errori e dei fallimenti coltivando l’arte dell’imperfezione.
Noi di Mydreams abbiamo seguito via streaming un incontro con Enrico Galiano per Connessioni con la partecipazione delle Librerie UBIK.
Numerose le domande rivolte all’autore.
Come nascono le sue storie?
Bella domanda, a saperlo! Ne scriverei ancora di più! Le storie decidono quando venirti a trovare. Un ragazzo dell’età di Teo è venuto a trovarmi durante un firmacopie. Mi fissava e non aveva neppure comprato il libro. C’erano tantissimi ragazzi e lui continuava a guardarmi con una certa insistenza. Si è poi avvicinato e mi ha detto: «Non vada via dopo che le devo parlare». Questa frase mi ha tenuto sulle spine per tutto il tempo. Lo guardavo con apprensione perché pensavo che mi potesse dire: “Papà, sono tuo figlio!” É venuto finalmente il momento dell’incontro e lui ha detto: “Mi chiamo Ismaele” e già il suo nome era ricco di storie. Penso che i ragazzi oggi stiano particolarmente male perché la scuola non è un luogo dove trovare risposte. I ragazzi sanno di avere dentro di loro un qualcosa di speciale e di unico che viene però mortificato, normalizzato.Mi viene in mente l’astrofisico Carl Sagan che durante i suoi incontri in qualità di divulgatore scientifico si recava nelle scuole di ogni ordine e grado notando che i bambini gli rivolgevano tante domande mentre i giovani universitari quasi nessuna. Cosa succede allora in questo arco di tempo? Quello che accade ad Ismaele e a tanti altri ragazzi della sua età: non trovano persone che li ascoltino e che sappiano rispondere ai loro interrogativi. I ragazzi appaiono spenti, demotivati, insicuri. Ho raccolto le loro domande: cosa devo fare della mia vita? Ho tanti interessi, come faccio a scegliere quello che mi consentirà di vivere del mio lavoro? Se scelgo di realizzare un mio sogno non deluderò i miei genitori e i miei insegnanti? Certo, loro faranno di tutto per scoraggiarti e allora che fare? Ho trasformato queste domande in una lettera che Teo scrive al suo autore preferito Stephen King. Teo sa che King non gli risponderà mai e , in un moto di rabbia, strappa la lettera che sarà però ritrovata e ricomposta da qualcuno che lo aiuterà.
Il personaggio Peach è ricco di sfumature e contraddizioni. Come è nato?
Sinceramente invidio Teo perché è amico di Peach. Ci sono dei sentimenti che non hanno un nome. Possiamo dire che Teo è amico, compagno, fidanzato di Peach ma questi termini non comprendono tutte le sfumature che ci sono nel loro rapporto. Peach è unica come unico è il sentimento che la lega a Teo.
Nel romanzo compare il personaggio del professor Bove che è a tutti gli effetti co-protagonista. Perché?
Avevo il desiderio di risarcire in qualche modo questo personaggio che era stato un po’ mortificato nella serie. Le domande che Teo si pone avevano bisogno del professor Bove che io considero alla stregua di un supereroe della Marvel. Preferisco definire il suo ruolo nella storia non con l’aggettivo difficile ma delicato. Bove ha il dono dell’ascolto. Ti fa arrivare alle risposte che sono già dentro di te. Non è un professore della scuola di Teo e questo già lo aiuta nel costruire un rapporto più autentico con lui. Spesso succede anche a me di essere avvicinato non tanto dai miei alunni ma da studenti di altre classi. Sono anni che mi batto affinché sia introdotta nelle scuole la figura dello psicologo. I ragazzi hanno bisogno di persone che li sappiano ascoltare senza giudicare e che forniscono loro gli strumenti per dialogare con se stessi. Gli insegnanti, seppur imbevuti di conoscenze psicologiche, non possiedono le competenze necessarie per svolgere questo lavoro.
Spesso, per non avere seccature, si promuovono studenti che non meritano. É d’accordo?
No. Quando entriamo nella logica del premio o del merito stiamo andando fuori strada. Preferisco la parola riconoscimento e nella valutazione di un alunno bisogna tener presenti i punti di partenza che non sono uguali per tutti. I ragazzi soffrono tantissimo la competizione. L’Italia ha una scuola che boccia e soffre per il fenomeno dell’abbandono che è spesso la conseguenza di una bocciatura. La mentalità deve cambiare. In qualità di insegnante non devo riempire la mente di un alunno con saperi nozionistici ma tirare fuori tutte le cose belle, le potenzialità che un ragazzo ha dentro di sé. Devo stimolare la sua curiosità in modo che autonomamente l’alunno possa col tempo disporre delle sue conoscenze.
Con Una vita non basta viene allegato un libricino in omaggio La vita degli animali. Si sente un Esopo contemporaneo?
Mi piace questo riferimento ad Esopo. Ho voluto premiare i miei lettori e so per certo che questo libricino sta avendo un grande successo perché molti insegnanti lo leggono in classe con i loro studenti. Purtroppo bisogna affrettarsi a comprare Una vita non basta perché lo si trova solo nella prima edizione.
Qual è il ruolo dei genitori nell’educazione dei figli? I genitori di Teo sono separati e vivono in città diverse.
La condizione di genitori separati è oggi considerata la normalità. Certo è più difficile occuparsi dei figli. Credo che con essi bisognerebbe trovare un giusto equilibrio tra presenza e distanza. Leggo spesso i libri di Laura Imai Messina e mi ha sorpreso la parola genitori in giapponese: OYA. L’ideogramma significa: guardare stando sopra un albero. Ecco , in sintesi, la funzione di un buon genitore. Purtroppo in Italia i genitori sono interventisti, in particolare al Sud. Il professor Bove dice , in sostanza a Teo: se vuoi diventare saggio devi sbagliare e far tesoro dei tuoi errori. Lo sbaglio è una conquista, un progresso.
Oggi l’incomunicabilità tra genitori e figli è più evidente. Che fare?
I figli ci giudicano e noi spesso siamo adulti irrisolti perché ci vergogniamo delle nostre fragilità. Soprattutto con i nostri figli dobbiamo essere più autentici e raccontare loro, con onestà, anche e soprattutto i nostri errori.