Ogni giorno in Italia, giovani musicisti e cantautori, si fanno strada nel mondo della discografia, con l’intento di proporre le proprie canzoni, la propria musica. Elya Zambolin è un giovane cantautore nato a Monselice, nella provincia di Padova, che di recente ha pubblicato il suo primo album intitolato con il suo nome. Classe 1993, Elya è figlio d’arte, nato da madre pianista classica e padre docente di discipline pittoriche e pittore. Dopo aver fondato la band Attika nel 2012, con la quale ha pubblicato diversi singoli e condiviso il palco con diversi artisti di fama nazionale e internazionale – partecipando anche alla scuola di “Amici di Maria De filippi – il cantautore nel 2016 decide di intraprendere un percorso da solista. Nello stesso anno prende parte alla trasmissione “The Voice of Italy” classificandosi al terzo posto nella squadra di Max Pezzali. Dopo aver pubblicato una serie di singoli, quali “L’universo tranne noi” – cantata anche in duetto con Max Pezzali in una delle date del “Max Tour” – “Evelyn”, “Che bella che sei” e “Ho conosciuto Paolo”, Elya nel 2018 pubblica il suo nuovo album dal titolo “Elya”.
È uscito in tutti i digital store “Elya”, il tuo album d’esordio.
«È il primo lavoro discografico che contiene tredici tracce che ho raccolto nel tempo, un po’ come un mosaico, poiché in realtà il disco nasce non con l’idea di fare un disco, ma una raccolta. Ho fatto una selezione dei brani scritti negli ultimi tre anni. Sono frammenti di esperienze vissute, che parlano della periferia, dove sono scresciuto, ma anche dell’allontanamento da questa periferia alla città. Questo mi ha permesso di mutare anche il concetto di alcuni brani scritti in precedenza».
Cosa rappresenta per te questo primo lavoro discografico?
«È una carta d’identità, l’inizio di un percorso che voglio intraprendere pubblicando dischi. Amo l’idea di poter fare dischi e di non procedere a singoli, che è una cosa che ho fatto per anni. Realizzare un disco per me significa aprire e chiudere la parentesi che racchiude un pezzo di vita. Questo album mi ha aiutato a comprendermi, una psicanalisi continua su ogni singolo pezzo».
Dal tuo esordio in veste di fondatore e leader della band Attika, quanto sei cambiato oggi?
«Sarebbe grave se mi fossi trovato ad oggi con gli ascolti e con le influenze che avevo in quel periodo. Gli anni sono passati e la band è stata un’esperienza bellissima, perché comunque eravamo ragazzi, quindi si viveva il tutto con molta più ingenuità. Poi, dopo anni, ho deciso di seguire l’istinto e di prendermi delle responsabilità, di mettermi in gioco da solo. Artisticamente mi sento cambiato, però c’è sempre quella necessità di scrivere che mi lega comunque a quel periodo, quindi questa è una costante».
Tu sei reduce da due esperienze con i talent televisivi. La prima con Amici, dove hai partecipato in compagnia della band e la seconda a The Voice, in vesta da solista, dove ti sei classificato terzo nella squadra di Pezzali.
«L’esperienza ad Amici con il gruppo l’ho vissuta con molta leggerezza, non c’era ancora quella responsabilità di cantare le canzoni in un determinato modo, di pesare le parole cantate, cosa che ho potuto avere solamente con la responsabilità e la voglia di procedere con un percorso da solista. The Voice è stata la prima esperienza da solista che ho affrontato. Amici e The Voice sono due talent, due show televisivi, dove proponi la tua musica davanti alle telecamere, una cosa che mi piace fare. Il poter condividere la musica con più persone possibili, con impatti mediatici di così grande spessore è importante. Con la mia partecipazione a The Voice sono riuscito a portare a casa quello che era il mio obiettivo, ossia portare la mia musica su un palco del talent che non è una cosa così semplice. Sono stato fortunato ad incontrare Max Pezzali e quello ha fatto la differenza».
A parte la visibilità, cosa ti ha lasciato questa esperienza?
«Quello che mi ha lasciato l’esperienza televisiva è la possibilità di comprendere il potere che essa ha. Ha contribuito anche a livello musicale, poiché credo che tutte le esperienze servono. Inoltro ho capito cosa realmente voglio fare e cosa non. Questo tipo di esperienze televisive, se danno la possibilità di proporre la propria voce, la propria musica, allora le trovo sensate, altrimenti sarebbero solo un intralcio alla carriera di un cantante».
Nel 2018 sei stato premiato dalla SIAE e dalla Nazionale Italiana Cantanti, durante la partita del cuore presso lo stadio Luigi Ferraris di Genova, come “Artista emergente dell’anno”.
«Si, quella è stata una bella esperienza. Mi ha fatto molto piacere, anche perché essere riconosciuto come artista emergente dell’anno, vuol dire che qualche passettino l’ho sto facendo, però, so che è una strada in salita, un gioco al lotto costante. Quello che voglio fare è principalmente scrivere buona musica e far sì che queste canzoni possano anche aiutare, grazie alla mia esperienza, chi le ascolta. Questo è l’obiettivo primario, poi vediamo cosa succede. È ovvio che vorrei che le mie canzoni arrivassero a più persone possibili, però voglio procedere a piccoli passi».
Tua madre è una pianista classica, mentre tuo padre è docente di discipline pittoriche e pittore Quanto è stato utile essere un figlio d’arte, per la tua crescita artistica?
«Fin dall’inizio sono stati fondamentali. Sono cresciuto in un ambiente di musica classica, però allo stesso tempo me ne sono anche allontanato. Durante la fase dell’adolescenza, si sa che succede sempre qualcosa che ci fa ribellare e iniziare dei percorsi totalmente personalizzati. Fino ai 15 anni la musica classica è stata fondamentale nella mia vita, ma lo è tutt’oggi per fortuna. Ho respirato musica da quando ero nella pancia di mia madre e quindi credo che la passione per la musica, soprattutto la necessità di creare, sia comunque dettata dall’ambiente in cui sono cresciuto. Io mi sono avvicinato al pianoforte all’età di sei anni e da quel momento è partito tutto».
Quali artisti ami particolarmente?
«In primis, per quanto riguarda la musica cantautorale italiana, sicuramente Lucio Dalla. Lui è un artista che ascolto moltissimo. Poi adoro tutto quello che riguarda la britpop, come gli Oasis, i Blur. Avendo fratelli più grandi di me, sono stato influenzato moltissimo dalla musica degli anni ’90. Anche David Bowie è un artista che ascolto frequentemente».
C’è un artista con il quale in futuro ti piacerebbe collaborare?
«Ce ne sono davvero tanti. Sicuramente vorrei collaborare con Annalisa, perché trovo abbia una bellissima voce, oppure Jovanotti, perché fa parte delle mie grandi influenze».