Oggi parliamo di Totò, l’artista senza tempo. Il Principe della risata non ha bisogno di una ricorrenza per essere ricordato. Di lui si parla sempre. Totò è ancora vivo e lo sarà sempre. A parlare di lui sarà la nipote Elena Alessandra Anticoli De Curtis, terzogenita di Liliana De Curtis (unica figlia di Totò).
Lei ha vissuto suo nonno attraverso i racconti di sua madre, ma anche dei libri, delle fotografie, dei documenti, oggetti, accessori, e naturalmente grazie al suo tesoro più grande, quello che ha donato alla gente: la sua arte, i suoi film. Come descriverebbe Totò?
«Sono nata all’estero, poi mi sono trasferita a Montecarlo a 9 anni e solo a 18 sono arrivata a Roma, quindi gli anni dell’infanzia e quelli dell’adolescenza li ho trascorsi lontani dall’Italia. Ho iniziato a conoscere mio nonno, la sua arte in particolare, quando sono arrivata a Roma. Negli anni precedenti mi sono limitata ad ascoltare i racconti di mia madre e di mia nonna. Ancora oggi, in età matura, mi sto avvicinando alla figura di Totò, sia come artista che come uomo. È sempre stato presente nella mia vita. Nonostante siano trascorsi 117 anni dalla sua nascita e quasi 47 dalla sua morte, la sua figura è ancora viva tra la gente. È bello sentire la gente che parla con le battute di nonno. Come uomo, sia nei confronti di mia madre, sia di mia nonna, Totò è stato una persona estremamente gelosa e possessiva, preoccupato per tutto quello che succedeva nel mondo esterno. Ad esempio mia madre non è mai in una scuola pubblica, lei studiava in casa con insegnati privati. Mio nonno, fuori dal set o dal palcoscenico era una persona rigida, riservata, aveva una filosofia di vita tutta sua.»
Se fosse stata lei al posto di sua madre, si sarebbe trovata in difficoltà a vivere con un padre così geloso?
«Essendo io la più piccola, la terzogenita, mia madre ha avuto con me un approccio molto simile a quello che mio nonno ha avuto con lei. Venivo accompagnata ovunque, non mi lasciava mai da sola. Mi ricordo di un evento in particolare di quando avevo 16 anni e nonna e mamma insieme mi accompagnarono ad una festa a casa di amici, restando per tutto il tempo ad osservarmi fino alla fine della festa. Quando mi sono trasferita a Roma a casa di mia nonna, ho cominciato a respirare, era più elastica, più aperta sotto certi punti di vista a differenza di mia madre.»
Tra tutti gli aneddoti raccontati da sua madre Liliana, quale l’è rimasto più impresso?
«Una cosa carina che mamma mi racconta sempre è l’episodio dei gianduiotti. Mio nonno quando tornava la sera si nascondeva all’interno del cappotto, dietro la schiena, un sacchetto di gianduiotti, creando una gobba. E così lei quando lo abbracciava, incuriosita di sapere cosa fosse quella gobba, scopriva la sorpresa dei cioccolatini.»
Lei di cosa si occupa nella vita?
«Dopo essermi ritirata dall’università, mio padre commerciante, mi consigliò di aprire un negozio di articoli da regalo, che ho gestito per diverso tempo. Poi da sposata, mi sono dedicata insieme a mio marito alla vendita del caffè all’ingrosso e al dettaglio, abbiamo un negozio ad Ostia.»
Non ha mai avvertito l’esigenza di lavorare per lo spettacolo?
«Sono una persona estremamente timida, anche se con gli anni è andata ad affievolirsi questa timidezza. Il rapporto con il pubblico mi piace tantissimo, visto il lavoro che svolgo, ma il sentire un richiamo artistico assolutamente no. Mia sorella che purtroppo sono tre anni che non c’è più, da giovane ha lavorato per un po’ di tempo nel mondo dello spettacolo, lavorando con Proietti e in altre compagnie, poi, per motivi sui personali ha abbandonato. Lavorare in questo settore, quello del teatro, del cinema, della televisione, con una figura alle spalle come mio nonno, non è facile, purtroppo il paragone viene fatto. Forse l’unica persona che avrebbe voluto e anche potuto, sicuramente è mia madre. Dico voluto perché mio nonno era contrario all’idea che lei intraprendesse questa carriera.»
Negli anni si è parlato di un Museo che dovrebbe nascere nel palazzo dello Spagnolo, in largo delle Vergini. Un museo dedicato al grande attore di circa mille metri quadrati. Come mai non vede la luce? Sono passati 20 anni ormai dall’idea. Quali sono realmente le difficoltà? Sua madre cosa ne pensa a riguardo?
«Di questa situazione riguardante il museo non me ne sono occupata io personalmente, sto rivedendo tutto in questo periodo. Il museo è un sogno di mia madre, come lo è di tutti quelli che amano Totò. Ci sono stati diversi intoppi burocratici come in tutte le cose che succedono in Italia. Al momento c’è una persona che si è fatta portavoce di questa progetto, ma è mia intenzione ridefinire il tutto e pur non potendo coinvolgermi pienamente, mi sento in dovere ed ho il desiderio di coordinare il tutto con l’aiuto di altre persone scelte a gestire i diversi aspetti di questa enorme eredità umana.»