Porta Capuana, 11 aprile 2015, Napoli. Le aspettative per il concerto di Colapesce al Lanificio 25 erano alte e non sono state deluse. La data napoletana di Egomostro è iniziata in sordina con “Entra pure”, intro dell’omonimo album: trenta secondi e tutto ha cambiato colore.
“Dopo il diluvio”, “Egomostro”, “Sottocoperta” e “Le vacanze intelligenti” sono stati solo alcuni dei brani presentati nella prima parte del live da Lorenzo Urciullo e la sua band. Le nuove canzoni di Colapesce prendono vita al Lanificio invadendolo di freschezza. Ottimi gli arrangiamenti e l’empatia tra i musicisti, le note di ogni brano scivolano via in maniera indescrivibilmente fluida.
Dopo “Brezny” e “Reale” i fan cominciano ad accompagnare il cantante: ogni singolo brano di Colapesce in realtà, a partire dal suo album di debutto, fa venir voglia di cantare, nessuna eccezione.
Anche gli ascoltatori più distratti, i semplici frequentatori del Lanificio si soffermano ad ascoltare i testi delle canzoni di Colapesce: il linguaggio realistico di Lorenzo è sicuramente da sempre il suo punto di forza.
Le sue parole sono posti ben precisi in cui, temprato anche dagli anni di esperienza e dai live di questi anni di assenza dal mercato discografico, l’artista conduce gli ascoltatori.
Ogni canzone è uno sguardo sul mondo: punti di vista personali, ma anche panoramiche generali. Le parole sono importanti e il cantante sa come sfruttare a pieno il loro potenziale. Si assapora quasi malinconicamente la seconda parte del concerto in cui vengono riproposti molti brani di “Un meraviglioso declino” e quasi si stenta a credere che il primo incontro con Colapesce risalga ormai al 2010.
Il primo sabato di riapertura del Lanificio non poteva iniziare con una colonna sonora migliore, notevole anche la scelta della cover “Mykonos” dei Fleet Foxes che ha “illuminato” ancora di più il locale. In questo weekend a Porta Capuana si è tornati finalmente a casa, viaggiando in sonorità africane, inglesi e anche arabe: tutte racchiuse grazie ad Egomostro.
Si è assaporato il presente andando indietro nel tempo, perché molti brani evocano altre decadi a partire dall’Italia degli anni ’70.
I saluti di Colapesce arrivano con tre pezzi che hanno fatto questa prima parte della sua e nostra storia: “Maledetti italiani”, “Vai pure” e “Le foglie appese”.
Un ottimo live che non lascia spazio al silenzio dell’ultima nota, quanto alla sua eternità: dopo Colapesce non c’è spazio per altra musica, ma solo voglia di “restare in casa”. Continuare a lasciarsi invadere da tutto ciò che si è non solo ascoltato ma vissuto brano dopo brano.
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