Edoardo Leo sta girando l’Italia per presentare il suo nono film da regista Non sono quello che sono, ovvero l’Otello di William Shakespeare tradotto in romanesco e ambientato ai nostri giorni, un impegno preso e mantenuto sul tema dei femminicidi.
Il 20 novembre è approdato a Napoli, al Cinema Modernissimo accolto da un’ovazione e nel ringraziare i presenti ha detto: «La scintilla a scrivere questo film mi è stata offerta dalla cronaca. Un uomo accecato dalla gelosia aveva ucciso la moglie e poi si era suicidato. Ho pensato subito, per associazione, all’Otello di Shakespeare essendo una sinossi di una delle opere teatrali più famose al mondo e triste cronaca dei nostri giorni. Il titolo del film è una frase pronunciata da Iago che più di tutte suggerisce la profondità dell’analisi psicologica che questo testo opera su suoi personaggi e ancora su di noi indagando nelle nostre contraddizioni. Avrei voluto che questo lungometraggio segnasse il mio esordio da regista. Allora non me lo avrebbe prodotto nessuno ed anche io ero forse poco conosciuto nell’ambiente cinematografico. Il cinema puntava ancora sulla commedia all’italiana e i femminicidi non occupavano quotidianamente le pagine della cronaca. Dal 2006-2007 è partita quindi una lunga ricerca per sviluppare un adattamento contemporaneo che fosse rispettoso dell’originale. Dal confronto tra le numerose traduzioni italiane, fatte in epoche diverse, è maturata la convinzione che per restituire parola al Bardo, il dialetto romano fosse paradossalmente il più vicino a rappresentare la forza di quel linguaggio. Ho fatto un lavoro di traduzione che è durato parecchi anni. Penso che anche il cinema debba contribuire a fare qualcosa per arginare il triste fenomeno dei femminicidi e non solo. É necessario fermarci e riflettere, spingere di più sul potere dell’arte e soprattutto noi uomini emanciparci dal concetto di virilità dal momento che l’abbiamo introiettata quanto i cattolici i sensi di colpa.Siamo tutti parte del problema, nessuno escluso. Questa deve essere la nostra battaglia».
É il 2001. Le vicende si svolgono nel non-luogo del litorale laziale tra Nettuno ed Anzio. All’interno di un’organizzazione criminale dedita al traffico della droga Iago (Edoardo Leo) cova del rancore nei confronti di Otello (Javad Moraquib) per avergli negato una promozione andata al giovane Michele (Matteo Olivetti). Con l’aiuto di Roderigo (Michael Schermi) ed ingannando persino sua moglie Emilia (Antonia Truppo), elabora un piano ben congegnato per rendere pazzo di gelosia Otello che ha sposato Desdemona (Ambrosia Caldarelli) facendogli credere il tradimento di costei proprio con Michele. Il finale è noto.
Nell’Otello di Shakespeare razzismo, violenza, invidia sociale, maschilismo, femminicidio nonché un’indagine sul male cruda e puntuale traspaiono in ogni battuta dei personaggi. Nel film di Edoardo Leo, che ridà vita e valore a quelle pagine scritte più di 400 anni fa, esse si accompagnano a immagini filmate da una cinepresa che non trascura ambienti ed oggetti attraversati dal brivido crudo e affascinante del Male. Significativi e funzionali alla vicenda narrata gli indugi e i primi piani sulle strisce di cocaina, sul televisore che trasmette l’attacco alle Torri Gemelle, sui volti degli attori resi lividi e giallognoli dal sapiente uso delle luci, sui corpi nudi durante gli amplessi e sul corpo appesantito dagli anni di Iago. La potenza del testo unita alla bravura degli attori e della regia fanno il resto e la differenza.
Non sono quello che sono è un bel film e bisogna riconoscere ad Edoardo Leo la bravura di aver adottato una soluzione narrativa diversa ed originale sfidando anche quelle più famose realizzate da Welles o da Oliver Parker.
Non sono quello che sono ha il merito di chiedere uno sforzo di lettura e di riflessione da parte dello spettatore nel prendere coscienza e consapevolezza di certi comportamenti tossici, come oggi vengono definiti, in primis la violenza di genere svuotando Otello dalla pietas che gli è sempre stata riconosciuta.
É questa una battaglia che va fatta insieme, come ha detto Leo, se vogliamo davvero estirpare il triste fenomeno dei femminicidi.