Palcoscenico e platea del Teatro Lendi diventano studio televisivo per una trasmissione scritta e condotta da Lino D’Angiò e Alan De Luca dal titolo E che teatro! Con la collaborazione della storica emittente televisiva Televomero, lo spettacolo andrà in onda ogni lunedì, mercoledì e venerdì alle 23.30 e il sabato con una puntata speciale alle ore 21.00. Accanto ai due famosi comici napoletani si esibiranno: Amedeo Colella, esperto di cultura partenopea,Claudia Federica Petrella presentattrice, Giorgio Gallo Coccobello poeta-barista, Ciro Salatino giovane showman, PierMacchiè cantautore macchiettista, Morena Chiara la turista brasiliana, gli Afroblue.
Antonio Tajani, amministratore di Televomero ha detto: «Abbiamo voluto dare la massima visibilità, tramite la nostra emittente, a questo progetto a sostegno dei lavoratori dello spettacolo, un settore professionale duramente colpito dall’attuale pandemia e nel contempo offrire ai telespettatori una nuova produzione».
Noi di Mydreams abbiamo avuto il piacere di intervistare Francesco Scarano, direttore artistico del Teatro Lendi.
Sale cinematografiche e teatri, considerati solo luoghi di intrattenimento e non di cultura, sono chiusi da molto tempo a causa della pandemia. Come ha vissuto e come vive questo periodo di grande incertezza?
«I teatri sono poco considerati. Qualcuno, addirittura, ha affermato che lo spettacolo dal vivo non fosse fondamentale per il nostro Paese. Io dico che senza teatro si sopravvive ma non si vive. Questo è ed è stato un periodo difficilissimo. Dopo un primo momento in cui ho pensato che tutto sarebbe finito di lì a poco, qualche settimana più tardi ho preso coscienza che la situazione, invece, sarebbe durata un bel po’ e da lì ho avuto un periodo molto complicato. Per chi, come me, è abituato a vivere lavorando senza sosta, trovarsi improvvisamente un muro di fronte non è facile. Ma non demordo anzi guardo al futuro in maniera luminosa e propositiva».
Quali interventi immediati proporrebbe per dare un aiuto concreto ai lavoratori dello spettacolo?
«Il mondo dello spettacolo va supportato concretamente a partire dai lavoratori. Le manovalanze dello spettacolo sono tantissime incluse le aziende come la mia che sostengono dei costi fissi ogni mese a prescindere dal fatto che si operi o meno. Qualcosa è stato fatto anche se poco, molto poco, e soprattutto male, molto male o meglio in maniera poco equa. Ritengo che chi svolge determinati ruoli, e mi riferisco al Ministero, debba conoscere realmente sul campo quali sono le problematiche di una struttura teatrale per poter ben utilizzare i fondi a disposizione».
Alcuni teatri hanno offerto in streaming spettacoli gratuiti. Si sente di condividere queste iniziative?
«Sono contrario allo streaming in maniera netta e determinata. I motivi sono molteplici: non lo reputo né un palliativo nell’attesa della normalità, né tantomeno uno strumento in grado di poter affiancare la regolare programmazione. Attraverso uno schermo non è assolutamente possibile comunicare le emozioni che sono uniche dal vivo. Quelle emozioni hanno un sapore, un profumo che non è trasferibile».
Come, quando e perché è nato il progetto “E che teatro!” che vede tra gli altri la partecipazione di Lino D’Angiò e Alan De Luca?
«Dopo il successo e la loro non confermata conduzione del loro ultimo programma, lessi un post di Lino nel quale dichiarava di arrendersi e postando una foto della maschera di Pulcinella scriveva di volerla riporre (attaccando così gli scarpini al chiodo). Alzai il telefono e gli dissi la mia: noi abbiamo un dovere nei confronti del pubblico ovvero portare con le nostre idee momenti di felicità. Avendo a disposizione una struttura teatrale gli ho consegnato metaforicamente le chiavi del mio teatro. Da quel giorno a piccoli passi, spinti da un grande passione, siamo arrivati quasi al traguardo. Il pubblico ci ha dimostrato grande affetto e fiducia sostenendoci in questa avventura e diventando piccoli azionisti della nostra trasmissione, “investendo” versando delle quote di partecipazione attraverso un crowdfunding».
Quali sono state, se ci sono state, le difficoltà che ha incontrato in qualità di direttore del Teatro Lendi, nella realizzazione di questo progetto?
«La difficoltà maggiore è frenare il mio entusiasmo. Fermo da un po’ ho ricominciato a correre come un treno per realizzare quello che a breve vedrete. Scherzi a parte, finalmente sono tornato a lavoro facendo quello che più amo e che mi ha sempre dato la libertà di essere me stesso».
In vista di una prossima riapertura, quali sono i criteri che adotterà per un’efficace programmazione, considerando anche la maggiore offerta di spettacoli per la voglia di tutti di ritornare in scena?
«La riapertura post Covid sarà gloriosa. Immagino sorrisi e abbracci di persone che non vedono l’ora di rinfrancarsi dopo la pandemia. Tante persone non ce l’hanno fatta, tante altre ne usciranno traumatizzate e nel riprendere a vivere bisognerà offrirgli il meglio: dai musical alle commedie brillanti, concerti, recital. L’augurio che faccio a me stesso è tornare a vedere il mio spettacolo preferito: Il Pubblico».