Quante volte guardando un film ci siamo chiesti: “chissà se i protagonisti andavano d’accordo sul set?” e chissà quante altre curiosità attraversano la nostra testa. Sembra quasi che Neri Parenti, regista di ben sette Fantozzi e di tanti cinepanettoni dagli incassi d’oro, abbia pensato a rispondere alle mille curiosità dei suoi spettatori ed abbia voluto scrivere “Due palle di Natale”. Gli aneddoti e i retroscena dei miei cinepanettoni che non troverete su Wikipedia” (Gremese Editore).
«Ci sono persone che nascono col bernoccolo della matematica, altre che sono dotatissime per lo sport… Io sono nato con una spada di Damocle sulla testa: i film di Natale»: questo l’incipit, del libro che, come evidente da queste prime parole, si presenta come un agile volumetto dal carattere scherzoso, ma non è solo questo. Leggendo tra le righe, ed ascoltando anche Parenti durante la presentazione del libro che ha fatto a Salerno, organizzato, tra gli altri, dal Leo Club Salerno Host dal presidente Stefano Pignataro, si percepisce anche il desiderio di raccontare tutte le mille e una cosa che sul set hanno rallentato il lavoro, o quelle che gli hanno dato ansia, i caratteri terribili di alcun attori calmati solo dall’intervento a gamba tesa di un produttore come Aurelio De Laurentis.
Il libro è come un’apertura di sipario su un mondo, quello del cinema, che nasconde molte cose, non necessariamente brutte, che però non si raccontano mai. Così sfogliando le pagine scopriamo un lato inedito di Maradona, il carattere di Sconsolata, e forse il vero motivo della rottura tra De Sica e Boldi (già questa cosa dovrebbe farvi correre in libreria per comprare il libro).
Pagina dopo pagina il lettore viene catturato dalle parole del regista, che non usa filtri, scrive tutto ma proprio tutto, certo senza arrivare a dire cose che potrebbero creare problemi, ma vuole che il pubblico sappia cosa vuol dire fare un film. Lo stile è ironico, spigliato, veloce, godibile e durante una chiacchierata con il giornalista Gabriel Bojano, Neri Parenti ha anche parlato di come nella sua carriera anche il cinema sia cambiato, così come il rapporto con i giornalisti. Oggi manca la possibilità reale di conoscersi perché sono tanti i siti che parlano di cinema, che spesso sono alimentati da articoli di giornalisti che si nascondono dietro lo schermo e non si aprono ad un rapporto più diretto, come invece avveniva in passato; questa cosa spiazza un regista come Parenti abituato a dialogare con i critici, a ricevere spiegazioni anche su eventuali stroncature.
L’ultima parte del volume è un affettuoso ritratto dei tre attori che hanno accompagnato tutta la carriera del regista: Christian De Sica, Massimo Boldi e Paolo Villaggio; quest’ultimo non ne esce molto bene ma anche questo fa parte del gioco alla verità che il regista ha deciso di giocare. Tutta la verità, niente altro che la verità perché Parenti aveva bisogno di mettere fuori un po’ di cose e, forse, sapeva che così facendo avrebbe intercettato una fascia di pubblico che non aspettava altro.