Sull’onda del paradosso e delle contraddizioni nasce “Due”, l’album d’esordio della band alternative rock dei Refilla. Il concetto delle contraddizioni si sviluppa su paradossi di rivelazione dell’esistenza quotidiana, in cui la doppiezza si impone nella vita di ognuno di noi. Il lavoro discografico viene costruito su suoni dall’imprinting elettronico che ne designano la tipicità delle timbriche. Toni evocativi e di proclamazione, in cui si descrive una società malata. Il concept parte dalla metafora della pillola. La parola Pharmakon, di matrice greca che significa contemporaneamente qualcosa ed il suo contrario. Un uso che può diventare veleno se lo si fa in dosi elevate, un rimedio se scelto in modo appropriato. “Veleno e antidoto, gabbia di ferro e fuga dalla realtà”. Un punto di partenza dove cogliamo il confronto con la realtà che viviamo. Una chiara trasposizione della malattia sociale. Alessandro Zanin, Matteo Padovan, Massimiliano Foss e Stefano Negroni sono i giovani musicisti de i Refilla, il gruppo alternative rock formatosi nel 2011 in provincia di Padova.
La band ha pubblicato nel 2012 un Ep di quattro brani insieme al primo video clip, Spring Break, raggiungendo rapidamente un elevato numero di visualizzazioni sul canale YouTube. Si apre così per i Refilla un ventaglio di opportunità, prima tra tutte la collaborazione con l’etichetta veneta “La grande V record”. Il circuito della band diventa prorompente. La conferma arriva con “Dovevo fare il Dj”, il cui singolo raggiunge una soglia di 2 milioni di views. Da qui un nuovo punto di partenza. La chiusura di un ciclo fino alla riproposizione. È così che nasce Due per l’etichetta discografica Neve, di Andrea Ravasio. Tredici tracce scandite da atmosfere industriali, in cui la contrapposizione a slide guitars di carattere delta blues e batterie e percussioni elettroniche si intrecciano a piano rhodes. Si parte con Su il sipario, un intro di frastuoni e voci confuse che lasciano spazio a evocazioni sonore elettroniche. “Era meglio, senza paura e ne rabbia, senza cercare in ogni rima di mostrare, quanto io mi senta in gabbia”. Si prosegue con Era meglio prima, un chiaro slogan di denuncia della “non identità”, scandita nell’attuale assetto societario. L’elettronica si fonde al pop con Revolver, in un confronto malinconico e confuso. L’immersione dello sguardo al passato, la direzione da perseguire nel presente. Inadeguato è il titolo della quarta traccia in cui i Refilla proseguono a denunciare le difficoltà e le contraddizioni in cui ci barcameniamo, affannando nella definizione della nostra identità. “Troppe volte gli imbecilli sono quelli messi meglio”. Una esternazione che accomuna la società 2.0. Un contenuto di parole accompagnato da suoni confusionari, quasi a metaforizzare il veleno che si diffonde nei luoghi. Si prosegue sulla stessa onda con il brano, Mai stato così bene. “Scegli si ascoltare il canto, il rumore del rimpianto”. Le fobie rapiscono i sogni. È così che i Refilla suonano in La Parte peggiore di me. Il rock dalle vibrazioni psichedeliche, diviene pregnante nel brano Nella media, una canzone di prosecuzione di denuncia, delle omologazioni e dei clichè. “È solo una questione di personalità nella lotta tra il bene ed il male”. La ricerca di fuga dalle maschere diviene incisiva in Vita da spalla. Elettronica dalla rapidità quasi minimale nell’esordio di Giocati dal caso, in un’esplosione in cui le parole non lasciano via di fuga alla riflessione. Gioco di suoni in Una vita in Viaggio. Il concetto del distacco è il focus di Partire a settembre. Un brano che inneggia la libertà, la fuga dalle cicatrici. Il desiderio di rimettersi in gioco, guarendo da ogni ferita. Bellissima la sonorità che inonda Failure Blvd, canzone che chiude concettualmente l’album Due. Il lavoro della contraddizione e del paradosso trova conclamazione con il pezzo finale, che rimanda a quello di apertura, Su il sipario. Una chiave riepilogativa, del trasporto che i Refilla vogliono trasferire a chi ascolta.