Inaugurato il Napoli Teatro Festival al Teatro di San Carlo con Don Quichotte du Trocadéro di José Montalvo, una scrittura coreografica ingarbugliata, per usare le stesse parole dell’autore, che mette in scena un miscuglio di danze, dalla classica alla contemporanea, dall’hip hop al tip tap, dal flamenco alla breakdance per negare completamente il principio di unità e purezza e far nascere il diritto all’impurità e alla diversità. Ed allora ecco apparire sull’immenso palco del lirico cittadino un uomo solo e seminudo, con la sua pancia e tette grassoccie gareggiare a colpi di gestualità burlesque con dei mulini a vento proiettati su video.
L’uomo in questione, il novello Don Quichotte è il comico Patrice Thibaud una sorta di Mister Bean in salsa francese, ma molto meno noto, che mima una romanzo stranoto fatto di seicento personaggi e dice ciò che la danza sembra celare. Ma cosa dice Thibaud? Ci racconta al microfono, come un coreografo nella sua sala prove, o un comico di Zelig nella sua performance, di come la danza per Montalvo sia una pratica corporea che è divenuta un’arte dell’ibridazione, dove il confronto, l’incontro e le compenetrazioni fra i generi, danno nuovi risultati come in agricoltura accade per i pomodori ogm.
L’autore dice di voler rinunciare all’idea di una corporalità ideale applicata a tutti ed infatti in scena ci sono ballerini di ogni forma, statura e peso, con costumi da sala prova per tutto il tempo. Ma se ogni pratica è come dice Montalvo portatrice di un universo mentale specifico, cosa apporta alla mente un movimento in stile epilettico, scordinato? Di sicuro un grande senso di libertà e come dice l’autore, anche un bisogno poco confessato di allegria, perchè ormai liberatosi da qualsiasi regola estetico/formale, invia un messaggio di grande democraticità. Tutti ma proprio tutti possono danzare, o meglio correre, si perchè in alcuni quadri i protagonisti in scena danno prova di essere dei gran buon corridori, proprio come nella metafora metropolitana che viene proiettata alle spalle, la fermata della metro Trocadéro che da il titolo alla coreografia, la fermata dell’area monumentale di Parigi, di fronte alla tour Eiffel che ad un certo punto appare in un video. Forse qualcuno ricorderà che Trocadéro fu anche una nota battaglia combattuta nell’agosto del 1823 dai francesi che batterono l’esercito del governo liberale spagnolo, ristabilendo la monarchia assoluta di Ferdinando VII ed è proprio come in una battaglia a colpi di ironia che si irride alla Spagna e ai suoi simboli tradizionali, dal cappello del torero, al ventaglio della ballerina di flamenco e così i nuovi mulini al vento diventano le scale veloci della metro e lo spaesamento del sognatore Don Quichotte, una marionetta sotto il cui sguardo passa la folla metropolitana su asini e cavalli, un circo tra reale e virtuale. Un’opera divertente dunque perchè il pubblico sorride, applaude e va via contento, ma il palco sacro del San Carlo forse è più adatto a donare emozioni che ti spalancano il cuore, come in anni passati è accaduto con altri spettacoli del festival.
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