Saranno il giornalista Domenico Quirico e la regista Paola Piacenza gli ospiti-protagonisti del prossimo appuntamento con “Astradoc – Viaggio nel cinema del reale” – organizzata da Arci Movie, Parallelo 41, Università Federico II e Coinor.
Venerdì 27 gennaio alle ore 20.30 si terrà la proiezione di “Ombre dal fondo” (Italia 2016, 71 minuti) un film di Paola Piacenza con Domenico Quirico prodotto da Luca Guadagnino e Luca Mosso.
Domenico Quirico, inviato del quotidiano «La Stampa», rapito in Siria l’8 aprile 2013 e liberato dopo 152 giorni di prigionia, rievoca la propria vita spesa a collezionare frammenti di vite altrui e ridiscende nel pozzo in cui il suo destino si fonde con quello dei protagonisti dei suoi racconti. La voce di Quirico ci accompagna a ricostruire quel momento e ci conduce lungo le traiettorie oggetto della sua narrazione. Accanto alla parola che costruisce il tessuto narrativo del film, ci sono le immagini del reporter in azione. Per la prima volta il giornalista accetta di condividere la sua esperienza sul campo: prima lungo il fronte russo-‐ucraino, poi nel viaggio di ritorno verso i luoghi della propria prigionia in Siria.
Ombre dal fondo è il racconto di una vita scandita dall’imperativo del racconto, dalla consuetudine a organizzare il «rumore del mondo» in parole, frasi, «fogli di carta, scritti, analisi, stupidaggini o genialità», secondo un’idea di giornalismo ormai in corso di archiviazione, come Quirico racconta davanti alla vecchia sede della Stampa, ormai vuota, abbandonata e coperta di graffiti. È la dolorosa presa di coscienza di essere approdati a un tempo che quel racconto ha ormai reso impossibile: con la registrazione della fine della propria storia, c’è inevitabile anche quella dell’intero universo in cui questa si inscrive e da cui trae senso.
«Ho pensato a Domenico Quirico – dice la regista Paola Piacenza – come voce e volto di questo film quando era prigioniero in Siria. E non ho smesso di farlo quando è stato liberato. La personalità di Quirico è unica nel giornalismo italiano. La qualità del suo racconto, la profondità della sua partecipazione alle vicende di cui dà conto, vanno oltre il valore informativo degli articoli pubblicati sul giornale. Quirico è al 100% giornalista perché ha sposato l’etica della professione e i modi di investigazione che le sono propri, ma è anche e soprattutto un indagatore della condizione umana».
Insieme abbiamo deciso di filmare una serie di conversazioni. Fino a decidere di partire per uno dei fronti che l’inviato della Stampa ha raccontato nel corso della sua carriera: l’Ucraina e il conflitto con i ribelli filo‐russi. Mentre il dialogo proseguiva l’idea, la necessità, del ritorno nei luoghi che erano stati teatro della sua cattura e della sua prigionia, ha cominciato a rendersi evidente.
«Voglio tornare in Siria» confessa Quirico. «Perché non c’è viaggio senza ritorno e il mio ritorno non è a casa, il mio ritorno è lì. Dove tutto è cominciato e tutto è finito. Ma non sarà mai completamente finito finché non rimetto piede lì. Soltanto in quel momento potrò dire che per me questa storia è finita e la potrò mettere nel cassetto. Affioreranno allora ogni tanto i ricordi di questi 150 giorni, così come affiorano i ricordi di quando facevo il liceo. È nel rimettere piede lì che il cerchio si compie. Voglio ritrovare la casa dove sono stato chiuso. La tana sotterranea in cui c’erano gli scarafaggi, dove non c’era luce neanche di giorno, con questo senso di morire soffocati. Le piantagioni di meli dove siamo passati con questo popolo fuggiasco, sono sicuramente lì… la natura ricopre subito le tragedie, la vita riaffiora».