Torna con un sesto album di inediti pieno di elettronica ed echi etnici che arricchiscono il suo già variegato mondo stilistico. Dolcenera, con Le Stelle Non Tremano, si ripresenta al suo pubblico in una veste di lottatrice contro le paure. “Quando ho fatto l’ultimo disco era il 2012 e c’era appena stata la consapevolezza del baratro, la crisi celata si era manifestata in tutto il suo dramma. Ora era tempo di reagire”.
Segui sempre in prima persona tutti i cambiamenti stilistici della tua musica?
«Certo è la mia prerogativa, quando ho composto le linee di basso questa volta il mio fido Antonio Petruzzello si è spaventato. In tour da dicembre in poi vorrei sul palco tutta l’orchestrazione che ho usato per il disco, ma so che sarà dura avere 30 elementi sul palco…»
Ma il cambio di mette ansia o gioia?
«Io mi ci devo trovare per poi assumermi la responsabilità e andare avanti. Anche quando devo cambiar casa è così, il pensiero mi spaventa ma poi ci riesco. Il mio fidanzato mi dice che la passione mi fa superare la paura. Ho voglia di sorprendermi e ho un atteggiamento egoistico nei confronti della musica, perché voglio creare quello che mi sorprende.»
Che passioni hai oltre la musica?
«Il tennis e l’agonismo sportivo sono le uniche cose che mi tengono davvero lontane dalla musica, ed è a volte un bene perché son capace di stare su un arrangiamento per 2 mesi e fissarmi per i dettagli. La musica è gioia ma anche tanto dolore se non riesco ad arrivare dove non posso.»
Sei così appassionata del tuo lavoro, spesso gli artisti non dimostrano tutto questo attaccamento.
«Mi sono scoperta arrangiatrice durante Music Farm, quando mi divertivo a stravolgere le cover. Ho anche ereditato un certo cinismo da Lucio Fabri che è stato il mio primo produttore. Lui era convinto che si poteva far tutto con la musica, tanto poi c’era la mia voce che rassicurava e teneva assieme tutto.»
Le sperimentazioni più folli di questo disco?
«Ho messo delle trombe soliste su un tappeto di elettronica. Su Fantastica, che è un pezzo dedicato a un mio amico che non c’è più, utilizzo un’ironia come metafora del non aver paura. E parlo di cose in cui credo fermamente, come del fatto che siamo tutti collegati, “dalle fogne al cielo”.»