Tullia Conte, da anni impegnata nello studio delle danze popolari secondo una prospettiva di antropologia teatrale, a distanza di un anno dall’uscita del fortunato “L’altra taranta – Annabella Rossi e il tarantismo nel Cilento” ci propone “Diacronia minima del tarantismo”. Il nuovo libro della regista teatrale, attrice, performer e insegnante di casa a Parigi, si presenta come una rilettura storica dei rituali collegati al fenomeno del tarantismo, legato all’estromissione praticamente totale delle donne dalla comunità scientifica che per secoli si è occupata di questi accadimenti, oltre che l’attribuzione del fenomeno al genere femminile come prerogativa congenita e negativa.
L’autrice in questo suo nuovo lavoro racconta la storia completa del fenomeno del tarantismo con una luce inedita verso la comunità scientifica al femminile, il tutto arricchito dalle immagini realizzate da Francesca Grispello, che contribuiscono ad accompagnare chi legge in un viaggio attraverso un’esperienza razionale, ma al tempo stesso emozionale nel profondo significato del tarantismo.
«Le immagini selezionate in questo volume – racconta Francesca Grispello – nascono da stati d’animo diversi, tutte hanno in comune il bisogno di realizzare una visione e la danza – e la danza vuole dire nudità, carne, diaframma, un tempo dissestato, spazio, assenza di giudizio. Questi Esercizi di Carne e Esercizi di Primavera sono appunto “esercizi”, tentativi di cogliere in visione qualcosa che non posso comprendere, ma danzare, probabilmente sono qualcosa che vedrò domani, che abiterò un giorno a venire. L’autrice nella sua introduzione accenna a un futuro, testimoniando e agendo la danza come pratica per un domani in cui il senso del corpo sia espresso nella sua totalità e libertà».
Con “Diacronia minima del tarantismo”, Tullia Conte propone un testo scientifico che ha una visione poetica, politica e di speranza di rinnovamento sugli studi di genere. Caterina Naselli, Clara Gallini, Amalia Signorelli, sono alcune delle studiose che hanno contribuito in maniera fondamentale agli studi di settore, che il testo ripercorre dalla prima testimonianza storica nel 1064, arrivando ai giorni nostri. “La taranta dice (…) noi siamo tutte sorelle”. Altra necessità è quella di ottenere una narrazione, agile e scevra da pregiudizi e campanilismi, che sia capace di comprendere tutti i territori dove queste pratiche sono state messe in atto, per distruggere lo stigma della donna salentina morsa dalla taranta. Attraverso le testimonianze fornite, si configura un orizzonte simbolico vasto e vitale, difficilmente inquadrabile in stereotipi.