Max Giusti torna a teatro e lo fa con Padre in Figlio, una commedia scritta da lui stesso con Andrea Lolli, Claudio Pallottini e Giuliano Rinaldi, per la regia di Marco Carniti. Lo spettacolo, dopo Civitanova Marche, ha debuttato ieri, 26 dicembre al Teatro Acacia di Napoli, dove resterà in programmazione fino al 29. «Non avevo neanche terminato le prove – racconta Giusti – quando mi hanno contattato dal Teatro Acacia per propormi di presentare questo mio nuovo lavoro a Napoli e non come seconda, terza o quarta tappa, ma come prima. Il pubblico napoletano è molto attento, ma quando apprezza ti ricompensa senza esitare. La soddisfazione più bella che ho ricevuto dai napoletani è stata sicuramente con lo spettacolo “Se Il Tempo Fosse un Gambero” al Teatro Augusteo, quando alla seconda replica tutto il pubblico era in piedi per applaudirmi. Una standing ovation indimenticabile per il mio primo ruolo da protagonista.»
Lo spettacolo, prodotto da AB Management, vede Giusti, l’attore romano (di padre marchigiano e di madre sarda) tornare alle origini, al teatro, al confronto diretto con il pubblico, una prova che lui stesso definisce non semplice. «Con questo ritorno a teatro ho dovuto lavorare molto più su me stesso. Oltre alle prove non sono mancati i miei impegni con la radio. Sono andato avanti per mesi a dei ritmi lavorativi davvero stressanti, arrivando a toccare le undici ore lavorative. Recitare non è stato semplicissimo per me questa volta, anche perché volevo la perfezione. Abbiamo cercato di curare tutti i particolari, dalle musiche realizzate da Gaetano Currieri e Saverio Grandi durante le prove, ai costumi (Maia Filippi, Visual: Francesco Scandale, Coreografie: Kristian Cellini), dalle scene (Marco Carniti – Fabiana Di Marco) alla regia. Devo dire che mi sento privilegiato nell’aver ideato e progettato una commedia a prova di pubblico, Oggi, con i tempi che corrono, chi viene a teatro ti fornisce una prova di fiducia che non va delusa.»
Di Padre in figlio non è il solito show comico scritto ed interpretato semplicemente per far ridere. «Sono vero in questo spettacolo, metto tutto me stesso. Questa storia è così avvincente che ho imparato a farla diventare mia. Quando salgo sul palco per due ore e un quarto, mi assento dal mondo. In maniera ironica, ma allo stesso tempo carica di emozioni cerco di dare una risposta alla domanda su quando un uomo finisce di essere figlio e diventa genitore. Ma anche sul modo di raccogliere l’eredità spirituale, di farla propria e di continuarla nel tempo.»
Il protagonista è un quarantenne la cui carriera non è mai decollata e che si trova ad affrontare una grande novità: un figlio di una settimana da far conoscere al padre che è in ospedale a fare un controllo medico. Un uomo vero che cerca di raccontare al proprio figlio chi era suo nonno. Nel tentativo di farlo, il protagonista si rende conto che sono cambiate tante cose, il modo di educare i propri figli, di parlare con loro e di approcciarli. E tutto questo scatena una serie di aneddoti molto divertenti. La storia prenderà una svolta diversa quando, al neo papà passa di fronte una grande opportunità, il treno della vita, un treno che non passerà mai più e a questo punto l’evoluzione della storia ci racconterà come dovrà assumersi le sue responsabilità davanti al figlio e al padre. «Avevo in mente questo progetto teatrale da circa tre anni, da quando è nato il mio primo figlio. Sentivo l’esigenza di tornare a teatro, poiché mancavo da cinque anni. Quest’anno a maggio, quando mi hanno proposto di condurre nuovamente “Affari tuoi”, ho deciso di rinunciare, non solo ad un format che a mio avviso mi ha dato tanto, ma anche ad una barca di soldi, questo solo per poter realizzare un mio sogno, una mia idea. Sapevo che per dare il massimo avrei dovuto rinunciare ai miei impegni televisivi, che riprenderò sicuramente in futuro, non appena terminerò con il teatro. Ad aprile, infatti, sarò impegnato in tv con un nuovo programma di cui non posso ancora svelare nulla. L’idea di scrivere e mettere in scena questa commedia nasce dalla considerazione di raccontare il rapporto tra un padre e un figlio di cui non si parla mai, in una chiave completamente comica.
Di padre in figlio è sicuramente l’opera più comica che io abbia mai realizzato, ma in alcuni tratti, anche riflessivo e commovente, in cui sia un padre che un figlio, possono rivedersi».