Il Teatro Dell’Elfo di Milano porta, a tre anni dal debutto, al Bellini di Napoli, Improvvisamnte L’Estate Scorsa di Tennesse Williams, nella versione di Masolino D’Amico, regia di Elio De Capitani (repliche fino a dom. 2 Marzo).
Non è la prima volta che Elio De Capitani (tra i fondatori dell’Elfo, insieme a Gabriele Salvetores) si misura con Tennessee Williams: ricordiamo la grande Mariangela Melato da lui diretta nel 1993 in Un Tram Chiamato Desiderio. In questo Improvvisamente L’Estate Scorsa si ritrovano i temi cari a Williams: personaggi in fuga dalla realtà, esistenze frantumate, vittime senza eroismo e compassione. La trama è mutuata dalla drammatica esperienza di vita dell’autore, la cui sorella morì in manicomio, dopo essere stata lobotomizzata per volere della madre (che Williams non perdonò mai). La signora Venable (Cristina Crippa) è tormentata dalla scomparsa del figlio Sebastian, avvenuta “improvvisamente, l’estate scorsa”, mentre era in vacanza con la cugina Catherine (Elena Russo Arman). Costei sembra essere l’unica a sapere la verità su quella morte, ma non viene creduta, e nemmeno ascoltata. L’ostinazione della gelosa e possessiva signora Venable a voler lasciare intatta – a tutti i costi – la memoria del figlio, la porterà prima a far rinchiudere la nipote in una casa di cura per malati mentali, poi a rivolgersi al dottor Cucrowicz (Cristian Giammarini), un giovane e brillante neurologo, sperimentatore di una nuova cura psichiatrica: la lobotomia.
Elio De Capitani mette in risalto i temi della possessività materna, del perbenismo borghese americano (e non solo) anni ’50, dell’omofobia di una morale puritana che respinge la diversità e che, in nome della buona apparenza, è pronta a sacrificare la verità e chi la dichiara. Non a caso, qui l’ambientazione è il bel giardino di casa Venable, in cui la folle madre ha allestito una sorta di memoriale del figlio (magnifiche le scene di Carlo Sala, sapientemente illuminate da Nando Frigerio, mentre gli accurati costumi di Ferdinando Bruni trasportano indietro a quegli anni). La cifra scelta da De Capitani è essenzialmente espressionistica: il bel giardino borghese si trasforma in una selva selvaggia, in cui inquietanti versi di rapaci sottolineano il crescendo di tensione drammatica. Tuttavia (o forse, proprio per questo) la recitazione appare fredda, esteriore (in alcuni passaggi un po’ piatta), non coinvolge emotivamente. L’unico momento di verità vera ce lo regala il bravissimo Edoardo Ribatto (George, fratello di Catherine). Uno spettacolo ben pensato e ben confezionato, ma che non scalda.
Si può vedere.