Il cantautore veneto Davide Peron partirà per la seconda parte del suo nuovo spettacolo teatrale ‘Una calza a salire e una a scendere’, dopo il grande successo ottenuto la scorsa stagione. L’artista ha realizzato assieme alla moglie Eleonora Fontana, uno spettacolo incentrato sulla Grande Guerra che racconta la storia di Maria Plotzer Mentil, la più celebre fra le portatrici carniche che portavano viveri e generi agli Alpini.
Come nasce l’idea del “Mi rifugio in tour”?
«Davide Peron è un ragazzo semplice nato sotto ai monti che da sempre ha passione per la musica. Sono cresciuto andando per monti e ad un certo punto è stato per me naturale portare ciò che sono nei luoghi che mi hanno visto crescere: le mie canzoni nei rifugi delle Piccole Dolomiti. Conoscendo quanta bellezza c’è in questi luoghi ho voluto fin dalla prima data, precisamente ben 10 anni fa, condividere con i miei amici artisti questa fortuna. In ogni data, in ogni rifugio, porto con me e la mia band anche due ospiti ogni volta diversi, un musicista e un artista “visivo” (pittore, fotografo, scultore..), uno per condividere la sensazione del significato della musica in cima ai monti e l’altro per poter abbellire ulteriormente, se si può, questi luoghi, con le loro opere.
Come location, al posto dei teatri, hai scelto prati e pascoli. Perchè?
«Perchè questi luoghi non pongono l’artista in una posizione sopra l’altro, ma pone l’artista nello stesso piano, senza distanze che naturalmente il teatro invece per forza di cose pone. E prima che il concerto parta si cammina e quindi si fa fatica assieme per arrivare al rifugio e questo elimina tutte le distanze. Condivisione e bellezza. Non chiedo altro per me».
Come si è evoluto il tuo modo di fare musica?
«Sono sempre stato catturato da quest’arte e più il tempo passa più si fa chiara la certezza di essere in questo mondo per poter dire qualcosa attraverso di Lei. Penso non di essere qui per esibire un talento, bensì di essere un mezzo che la Musica utilizza per arrivare alle persone».
Oltre la musica sei impegnato anche nel sociale, vero?
«Con il tempo altri miei interessi, come per esempio l’incontro con l’altro, l’aspetto sociale, si sono intrecciati in modo naturale: prima con “La Pallottola”, canzone che è divenuta inno di Libera (per il Veneto), l’associazione di Don Luigi Ciotti che si batte contro tutti i generi di criminalità organizzate. Successivamente l’aspetto sociale è sfociato in un lavoro di ben 7 mesi per un progetto educativo-artistico con un comunità di persone diversamente abili: la creazione di un videoclip della canzone “V’è un angolo di luce” con il supporto sia di uno staff artistico che di uno educativo. Questo progetto è stato considerato tra i migliori progetti di innovazione nei “Percorsi di inclusione sociale 2015” del Veneto».
Sei stato il protagonista anche di un libro importante…
«Sì, ho avuto il piacere di essere uno dei 21 protagonisti (oltre a Teresa De Sio, Leandro Barsotti..), nel libro “Dolore No-Te” di Giancarlo Passarella, un libro unico nel suo genere che parla di come il dolore psico-fisico possa diventare costruttore di arte anziché distruttore di vita, e qui ho potuto portare tutta la mia esperienza di cantautore unita al mio essere educatore-pedagogista raccontando come la musica sia uno strumento che uso per aiutare le persone in difficoltà».