Il titolo sembra presagire rinascita. L’immagine di copertina ci riporta alla verità di quel che vediamo. “White Light” è il primo romanzo di Davide Catinari, uscito per Camena Edizioni. Lui che nella vita lo consociamo come fondatore dei Dorian Gray, non poteva che non riportare la musica dentro le trame di un romanzo che tesse un momento di vita sospeso di chi alla musica sembra aver voltato le spalle (o è la musica che le ha voltate a lui, per essere precisi). Un protagonista che ha tanti “ex” passati con cui far di conto nella solitudine di un lavoro provvisorio come guardiano di un faro. La solitudine sarà la chiave. Dalla solitudine ogni suono diventa rumore.
Un romanzo che nasce dalla musica o viceversa? Domanda che suona scontata ma credo non lo sia… credo…
La musica, per chi la pratica pubblicamente o anche solo nella camera di casa, resta sempre un elemento imprescindibile per definire un contesto emotivo, soprattutto quando si traccia un percorso esistenziale da cui affiorano rimpianti, illusioni, nostalgia, rabbia, fragilità, estasi, esattamente come quello del protagonista.
Te lo chiedo perché in fondo poco del romanzo vuole davvero svelarsi… dagli aspetti bui a quelli risoluti. C’è un limbo dentro cui gravitare… o sbaglio?
L’obbiettivo del romanzo é quello di raccontare la condizione umana nel suo dipanarsi più compulsivo, accettare la sfida di essere se stessi o lasciarsi vivere, una dicotomia presente nel quotidiano di tutti gli esseri umani. Ci concentriamo sulla paura di sentirci fuori posto, sulla creazione di nuovi bisogni, perennemente immersi dentro qualcosa che ci manca, orfani di una consapevolezza spirituale . Siamo fatti di energia più che di materia e il limbo di cui tu parli è certamente l’assenza di un compromesso tra questi due elementi. E si tratta di un processo ciclico, che tende all’infinito.
E se ti dicessi che non trovo soluzione al romanzo? Cioè ho come l’impressione che si sia risolto piuttosto che mi lascia con domande e interpretazioni personali…
Potrei dirti che il finale è aperto, simile a onde concentriche si formano quando getti un sasso nell’acqua, oppure che ce sono due, così che chi legge possa scegliere quale interpretazione sia più aderente alla conclusione del racconto. Esiste anche una terza possibilità, alternativa a quelle già indicate, ma non vorrei suggerirla, non sarebbe sportivo.
Per chiudere da dove siamo partiti: ci sarà nuova musica ispirata da questo libro?
Al momento c’è in progetto un racconto che possa essere suonato, ma è un’idea ancora troppo giovane per avere ossa forti.