Ha realizzato il primo album da solista Daniele Tarchiani, il cantante e leader degli Anhima, la rockband fiorentina nata alla fine degli anni ’80. Dopo l’uscita di “La Cruna dell’ago” quinto album con la band, Daniele Tarchiani, presenta “Mr Dan” un album semiacustico contenente quattro brani editi rivisitati, inseriti nella raccolta “18anhima”, e sei pezzi totalmente inediti scritti ben 10 anni fa. “Come autore e compositore di tutti i brani degli Anhima scelgo se alcune composizioni sono adatte alla mia band oppure sono più intimiste- racconta Daniele Tarchiani- Ogni pezzo nasce seduto su una seggiolina con la mia chitarra, ed alcuni testi, come spesso avviene, nascono un po’ ovunque, come dice Bono Vox a volte anche seduto sul cesso! nel mio caso correndo per le vigne toscane”. Anticipato dal singolo e videoclip “Buon Natale Mr Dan”, il disco “Mr Dan” di cui Daniele Tarchiani è voce e chitarra, è stato registrato con la collaborazione di eccellenti musicisti: Emiliano Garofoli al piano, tastiere e programmazione, Lamberto Piccini al basso, Filippo Tarchiani alla batteria. “Mr Dan” è stato prodotto, scritto e arrangiato da Daniele Tarchiani, con la collaborazione di Emiliani Garofoli e registrato dallo stesso Garofoli presso il Koan Studio di Firenze. Master e editing a cura di Francesco Foderà.
Prima dell’uscita del tuo album da solista, “Mr Dan”, hai riproposto brani del repertorio della tua band, gli Anhima, rivisitandoli con chitarra acustica e voce e proponendoli in una serie di live. Cosa ha rappresentato per te quell’esperienza?
«Non trovo difficoltà ad interpretare i pezzi degli Anhima con chitarra e voce tranne per il fatto che innegabilmente è molto più impegnativo. Avere una band come la mia che ti spinge come una locomotiva alle spalle è senz’altro più rassicurante. Sono due cose profondamente diverse l’energia, l’adrenalina che sprigioni con la band ti lascia bagnato fradicio e semidistrutto ma depurato da qualsiasi tossina psicologica. Da solo c’è una concentrazione che necessita di una lucidità e una di precisione che tende ad implodere la violenza positiva di un cantante rock che esegue canzoni quasi cantautorali. E alla fine di un concerto vorrei farmi 5 km a corsa per sbollire».
“Mr Dan” contiene quattro editi tra cui “Orgoglio Punk”, il pezzo rivive gli anni che ti hanno formato e plasmato musicalmente. Quale ricordo conservi?
«“Orgoglio Punk” ha una storia molto più complicata di quello che sembra, nasce osservando una ragazza di 45 anni che in shorts e anfibi pogava come una 15enne sotto al palco su un pezzo dei Clash. Minchia! Pensai, questo sì che è orgoglio punk!! Quest’immagine mi portò a riflettere sulla mia vita e sul fatto che da quando suonavo la batteria alla fine degli anni 80′ in una band post punk, interiormente non fossi cambiato poi così tanto, sotto la mia camicia traspaiono i tatuaggi che ricoprono il mio corpo. E anche se sei costretto a portare una giacca o addirittura una cravatta l’orgoglio di appartenere ad una generazione, a una inclinazione o a un punto di vista non può e non deve cambiare».
Il pezzo inedito “Risorgimi” racconta dell’arrivo di un amore che porta l’uomo a risorgere. L’amore risulta essenziale per la rinascita spirituale di ogni individuo…
«Nel corso della vita può capitare di passare periodi in cui ti senti ormai sfinito, demotivato, addormentato, sepolto dalla mediocrità e dalla consuetudine di una routine senza ritorno, come seppellito sotto due metri di nullità. Ecco sì! l’amore arriva inaspettato travolgente e non è detto che sia un nuovo amore e per sempre ma anche solo una persona che ti strappa ai codici cinici e restrittivi di questa nostra società sempre più oppressiva. Per citare la frase di un mio collega “L’amore Conta”. In “Risorgimi” come spesso uso nei miei testi attingo dalla teologia stralci e pennellate di sensazioni, come del resto normalmente faccio con la letteratura la poesia e la cinematografia».
In “Controvento” comunichi la tua necessità di cantare. E’ un bisogno oltre che una passione?
«Cantare, come del resto scrivere è una necessità, un bisogno. Non è una scelta. Mi sentirei vuoto come un bronzo tintinnante (san Paolo) Cantare significa svuotare l’anima da ogni dolore, almeno per come lo faccio io, cantare è sprigionare un energia, una rabbia ma anche una gioia che per quanto mi riguarda non è comparabile a nient’altro».
Il brano “Shantaram” trae ispirazione dal libro dello scrittore Gregory David Roberts. Cosa ti trasmesso questo romanzo?
«Sono stato tre volte in India e come dico spesso, fratelli andateci prima che scompaia. Shantaram significa uomo di pace, per quanto l’autore sia spesso incoerente con il nome che gli stessi indiani gli hanno affibbiato, ma del resto l’incoerenza fa parte della fragilità umana. Devo dire che io ho trovato molte similitudini caratteriali con il protagonista del libro (del quale fra l’altro Johnny Deep ha girato un film non ancora uscito) a tal punto che me lo sono tatuato sulla schiena. Adoro l’India desidererei farci un lungo viaggio e prima o poi lo farò. Sono stato in tutti i posti di cui narra il libro e mi sentivo un po’ una comparsa mentre lo leggevo. Le filosofie indiane mi affascinano non hanno relazione con il nostro vivere occidentale, fatto esclusivamente di cose materiali. Gregory è un uomo contraddittorio, un intellettuale (docente di filosofia in Australia), ma anche capace di fare una rapina e allo stesso tempo dedicarsi a curare i poveri di una slum di Bombay. Un uomo delicato riflessivo ma anche violento all’occorrenza».
Cosa ti lasciato interiormente il periodo di riflessione e meditazione, hai intrapreso un cammino di fede?
«Sono stato a Bombay mentre leggevo il libro. Visitando il tempio più famoso di tutta l’India dedicato a Shiva, ho praticato il rito che usano fare le coppie appena sposate per ingraziarsi la fertilità. Beh 9 mesi dopo è nata mia figlia si chiama Lola. Lola è una figlia di Shiva».