“Petricore” è il primo disco personale di Daniela D’Angelo, un lavoro che sa come sedurre lo sguardo, il tatto, la curiosità prima ancora di farlo girare nello stereo… eh si amici, noi siamo quelli che abbiamo ancora lo stereo.
“Petricore” dal titolo fastidioso se posso dirlo, è un disco davvero molto interessante dove regna la semplicità liquida della voce di lei dentro sonorità che abbracciano notturni metropolitani, quasi distopici, inquietanti per alcuni versi… e questo design di ricerca lo dobbiamo a Vito Gatto che ha diretto la resa artistica dell’opera.E se dalla sua voce un poco rimandiamo alla grinta di Marina Rei o di quella Oxa ante litteram del pop che l’ha seguita, dal suono pesco questa grazia scomodo del gioco percussivo raramente quadrato, raramente “pop”… persino dentro brani aperti e dolcemente accomodanti come “Il modo giusto” (ricco anche di un bel video ufficiale che troviamo a seguire), l’ossatura ritmica non si perde occasioni per destabilizzare il normale fluire delle cose.
Bellissimi anche i disegni digitali che arredano, le infrastrutture delle melodie, infrastrutture che come in “Suppergiù” richiamano la notte, il capitalismo urbano, momenti futuristici dentro metropoli lontane della nostre abitudini. Si pensi anche ad “Alibi”, questa commistione di canzone italiana, che arriva anche dagli anni d’oro, mescolarsi con sospensioni extra-terrene, evanescenti, con pad reverse che conducono in un’altra era temporale. Stop al full digitale con “Esercitazioni”, una canzone volutamente nuda, chitarra e voce, inno alla verità per la D’Angelo, forma primigenia che comunque la produzione non si priva della possibilità di adornare in coerenza al resto. E riprendendo lo stile iniziale, fluisce e ci conduce alla fine l’ascolto di “Petricore” che davvero merita di essere sottolineato con importanza e gusto. “Petricore” ricama l’ansia con suoni sincopati, ricama il bisogno di evasione con strofe ostinate… e poi la trova questa espulsione da se, dentro aperture davvero di leggerissima ma salvifica quiete, momenti ahimè molto “italiani” rispetto al profilo di un disco decisamente privo di abitudini nostrane. Ma non è una critica, piuttosto un sollievo, una conferma, una risposta a domande strane che arrivano alla mente in cerca di orientamento. “Petricore” mescola l’inizio e la fine dentro canzoni che alla vita devono davvero molto.