Cosa saranno questi Parallel Mirrors, gli “specchi paralleli” che compongono il titolo dell’album di Damien Mcfly? «Sono il frutto di tutte le persone e le storie che ho incontrato in questi anni di girovagare per il mondo. Siamo diversi ma alla fine molto uguali e un pezzo di noi si riflette o assorbe le esperienze altrui».
Damien, vero nome Damiano Ferrari, è un cantautore padovano che si è fatto notare dapprima sul web con le sue cover acustiche di pezzi famosi. Ora che ha iniziato a pubblicare inediti, in poco più di un anno di attività ha collezionato più di 200 concerti, partendo da Nashville, Indianapolis e Chicago e finendo in Europa anche al Carfest dell’Hard Rock Festival di Edimburgo. Il suo nuovo video New Start è un ritorno a casa, girato a Venezia.
Anche quando postavi le cover i video erano molto curati, come li realizzi?
«Per New Start Marco Donazzan ha ideato con me una storia al reverse per le strade di Venezia, era un modo per presentare la città a livello globale lontano dai suoi stereotipi, volevo qualcosa di più concettuale. Mi diverto con i video, li mondo da solo e seguo tutto il processo.»
«Da quando ho deciso di presentarmi come artista solista ho messo a bando l’elettronica, che pure è un genere che mi affascina e suono, e dedicarmi solo alla composizione alla chitarra e alla dimensione acustica. E ho buoni riscontri, del resto canto del bello di vedersi riflesso negli altri e quindi ascolto molto quello che ha da dire il mio pubblico.»
Hai fatto anche una strepitosa cover di All Of Me di John Legend…
«Sì anche se quella che mi ha permesso di farmi notare credo fosse Hey Brother. È uscita al momento giusto e molti dj l’hanno usata per chiudere in maniera soft le proprie serate. Mi è capitato di avere interesse all’estero per le reinterpretazioni che avevo fatto di Avicii e David Guetta. E poi da lì hanno passato i miei singoli.»
Come scrivi i pezzi originali?
«La chitarra mi accompagna in tour e solitamente mi ispira dei testi. Non parto da un concetto unico ma cerco di sviluppare e viaggiare mi aiuta molto. Ho scritto a Londra, Glasgow…diciamo che quando mi manca qualcosa mi prenoto un biglietto e parto.»
Hai fatto anche apparizioni importanti proprio nel Regno Unito, che sensazione hai?
«All’estero mi è capitato di essere selezionato per alcuni festival molto rigorosi, dove c’era gente che vieni lì e ti ascolta in silenzio. Mi ascoltano per quello che sono, sono rispettosi e si interessano ai miei brani che sono a limite del folk. Vorrei che magari mi portasse a lavorare con il produttore dei Lumineers.»
Sei cresciuto ascoltando musica straniera?
«Sì in verità dai Queen ai Muse ascolto tutto. Degli italiani mi piace Jack Jaselli.»
Il singolo New Start parla di ripartenza. Ma da dove?
«Quando ho scritto il testo pensavo a una storia che ho vissuto da adolescente e che si è fermata per due anni e poi è stata ripresa. Pensi a quanto di sbagliato hai fatto e parti con basi nuove, è un buon esempio di come ci si può raccontare partendo dai problemi e arrivando alle soluzioni.»
C’è anche un pezzo che si chiama Release Me…
«Sì è la libertà che mi sono preso, nel senso che è anche una canzone della liberazione dai muri che ci separano dal nostro prossimo. È uno spunto diverso rispetto alle canzoni di relazione che solitamente scrivo, anche perché non riesco a scrivere di quello che non ho vissuto.»
Hai girato molto all’estero, ti fanno paura gli attacchi specie in questo momento?
«La cosa più atroce è che è stata colpita la musica e la nostra libertà di muoverci. Ho visto degli show al Bataclan, figurati. Detto questo a Parigi ho bazzicato dalle parti di Pigalle che non è esattamente un luogo sicuro, quindi non so veramente, non credo di essere impressionato. Nel senso che penso di voler continuare a fare musica in giro per il mondo.»