Attore, regista e sceneggiatore e prima ancora musicista, Peppe Fonzo continua a riscuotere successo con il suo “Fosco (storia de nu matto)”, spettacolo che unisce la narrazione con la musica. In scena un attore e un musicista accompagnano lo spettatore in un viaggio poetico e popolare al tempo stesso. Fonzo, oltre ad essere impegnato con la direzione del suo teatro il Magnifico Visbaal di Benevento, nel corso della prossima stagione porterà in scena “Sotto la finestra delle donne amate”, che ha debuttato al Festival di Benevento. In scena con Peppe Fonzo, ci sono due musicisti, il fisarmonicista Flavio Feleppa e il chitarrista/contrabbassista Carmine Facchiano.
Lo spettacolo “Fosco (storia de nu matto)” scritto diretto e interpretato da te con le musiche originali del M° Flavio Feleppa, ormai da diversi anni sta riscuotendo un grande successo di pubblico e critica.
«Lo spettacolo nasce da una mia curiosità, ovvero di andare alla ricerca di quelle che sono le realtà di provincia di alcune città dell’Italia meridionale. In particolare sono stati ispirato da una canzone di Domenico Modugno dal titolo “Lu Frasulino” che parla di questo scemo che si presenta in mezzo alla piazza del paese sempre alla stessa ora e per essere visto, per essere preso in considerazione ed avere un ruolo, si faceva prendere a schiaffi. Questa immagine così forte, mi ha commosso e mi ha fatto ricordare anche molte di quelle scene che ho vissuto quando ero bambino o ragazzo, nella mia piccola Benevento, ma anche nei paesi limitrofi dove andavo a passare l’estate, dove esistevano sempre questi strani personaggi, che in qualche modo hanno sempre attirato la mia attenzione. Ho messo in scena questo lavoro utilizzando come filo conduttore alcune canzoni dialettali di Modugno come: Lu Salinaro, Sciccareddu mbriaco e La sveglietta. Questo lavoro è partito come tutti gli altri progetti che ho messo in scena, solo che a un certo punto ho visto, a mia quasi totale sorpresa, che era un lavoro che veniva sempre più richiesto perché riesce a mettere insieme, e questa credo sia una mia caratteristica, il lato popolare come faceva Eduardo che riusciva a parlare al pubblico, con quello poetico che è molto presente nello spettacolo. Da quel momento ho iniziato a investire un po’ di più su questo spettacolo, poiché me lo hanno chiesto in molti, dai teatri alle piazze e anche nelle sagre. L’ho portato ovunque, anche in posti che non sono proprio teatrali, ma in cui questa storia ha trovato la sua giusta collocazione. Qualche anno fa è andato in scena anche a Napoli e poco prima del lockdown è rientrato tra gli spettacoli del Teatro cerca Casa, dove c’era anche Manlio Santanelli che si è praticamente innamorato del mio spettacolo. Infatti mi ha scritto una lettera, a me molto cara, in cui mi dice quello che pensa sullo spettacolo: “Lu Fosco di Peppe Fonzo, e da lui messo in scena e recitato – scrive Manlio Santanelli – è un monologo d’indubbia bellezza. Costruito sul tessuto di una lingua ricca di dialettismi, fin dall’inizio prende le distanze dal folclore per avvicinarsi piuttosto agli stilemi dell’antropologia culturale. Il testo racconta, con disinvolta padronanza dei ritmi drammaturgici, la storia di una follia paesana, che travalica gli angusti limiti provinciali per coinvolgere tutti coloro che albergano nel cuore i possibili destini dell’umanità”.
Lo scorso settembre presso il teatro Marconi di Roma, nell’ambito del Festival Teatramm, diretto da Emiliano De Martino, hai ritirato il riconoscimento come miglior spettacolo, ricevendo anche numerosi altri premi.
«Inizialmente non ero convinto di partecipare, non pensavo che il mio spettacolo potesse avere un esito così positivo. Alla fine ho deciso di accettare. La motivazione come Miglior spettacolo è stata la seguente: “Una pièce teatrale che riveste le caratteristiche di uno spettacolo completo nel suo genere. Con un’interpretazione e un accompagnamento che danno spessore al testo rendendolo capace di affascinare il pubblico”».
Quindi questo spettacolo possiamo dire che ti ha regalato grandi soddisfazioni.
«Lo spettacolo ha raggiunto l’obiettivo che mi ero prefissato. Poi ho cercato di renderlo quanto più interessante possibile, infatti è un lavoro semplice nel suo allestimento, con una scenografia composta da una sagoma di un asino, perché vede questo scemo del paese che parla solo con lui, una sedia e il musicista, quindi tutto si concentrato sulla storia, sull’attore e sulla musica».
Questi riconoscimenti hanno aperto una nuova strada per questo spettacolo?
«Diciamo che quando è arrivato il riconoscimento al Festival Teatramm, i cartelloni delle stagioni teatrali erano già stati chiusi. C’è comunque un interesse da parte del Teatro Marconi di Roma, per portare in scena Fosco, poi lo sto riproponendo ai vari teatri e nelle varie rassegne, ma credo che se ne parlerà in primavera o al massimo a Natale. Il mio sogno al momento è quello di portarlo in scena al Teatro Comunale di Benevento, che è un po’ il gioiellino della città rimasto chiuso per dieci anni. Inoltre è nel mio interesse portarlo ad alcuni festival della salute mentale, perché è quella la tematica che tratta, e ina alcuni palcoscenici di Napoli. Sembrerà strano ma faccio più fatica a presentarlo in Campania piuttosto che in altre città italiane. Ad esempio Livorno, Bologna, Milano sono città che hanno risposto diversamente, forse sarà il fascino del dialetto meridionale che colpisce in particolar modo».
Come hai scoperto questi brani dialettali di Modugno, che sono sconosciuti al grande pubblico?
«Prima di essere un attore sono un musicista, la passione per il teatro è venuta in seconda battuta. Ho iniziato il mio percorso artistico suonando fisarmonica, canto e sono da sempre un appassionato di musica, quindi il panorama del cantautorato italiano lo conosco molto bene. Modugno lo conosco molto bene da circa 20 anni, quando feci un concerto omaggiando proprio la sua musica, quindi questo mi ha portato a fare una ricerca su tutte le sue canzoni, sia per curiosità che per passione. In questa ricerca ho scoperto che c’è un mondo di canzoni dialettali che sono molto forti, intense, addirittura c’è un famoso album di Modugno dal titolo “L’Arca”, che però non sono riuscito a trovare, dove ci sono tutte le canzoni che parlano di animali, testi davvero molto forti che ripercorrono quella realtà pirandelliana del ‘900».
Da anni curi la direzione artistica del teatro il Magnifico Visbaal di Benevento. Come sarà la prossima stagione?
Il mio intento è quello di presentare una stagione più leggera degli anni scorsi, non sotto l’aspetto di contenuti ma di appuntamenti. Farò una stagione sperimentale per capire come muoverci, visto che il nostro modo di vivere è totalmente cambiato, soprattutto per gli spazi piccoli come il Magnifico. Sicuramente ci sono persone e compagnie che hanno la mia stima e di loro volta hanno un piacere a ritornare, nonostante il Magnifico in un certo qual modo possa garantire nulla se non tanta passione e tanto desiderio di portare pubblico e devo dire che nel nostro piccolo ci riusciamo. Quest’anno vediamo un po’ come va. Ci saranno sicuramenti molti colleghi di Napoli e cercheremo di mantenere il filo del teatro contemporaneo. Spero che il pubblico risponda bene. Mi spaventano i rincari economici, ma soprattutto la risposta del pubblico se è ancora disposto a spendere 15 euro per venire a teatro. Per questo motivo presenterò una stagione composta da otto appuntamenti, partendo da fine ottobre. Ovviamente abbiamo tutto il desiderio di portare avanti il nostro lavoro, quindi non ci resta che sperare in meglio».
Stai lavorando anche ad altri progetti?
«Sto lavorando alla produzione del mio nuovo spettacolo “Sotto la finestra delle donne amate”, che ha debuttato al Festival di Benevento. In scena con me ci sono due musicisti, il fisarmonicista Flavio Feleppa e il chitarrista/contrabbassista Carmine Facchiano. Si tratta di uno spettacolo composta da una raccolta di serenate anche dell’entroterra meridionale, dove per l’occasione ho scritto dei racconti ispirandomi a queste canzoni, per rivivere quelle serenate che si facevano sotto il balcone delle future spose il giorno prima del fatidico “si”. Inoltre sto leggendo tutto l’universo verghiano e penso che a breve farò due spettacoli sul ciclo dei Vinti. Questo mi coinvolge particolarmente perché vivo in campagna, la realtà della terra, da contadino amatoriale, però è sempre una realtà che mi tocca profondamente, quindi mi piace continuare su questa scia. In più sto registrando una serie tv, ma non posso dire altro al momento».