L’aveva incontrato Gianluca D’Ingecco con un disco molto dedito al ritmo tribale inteso più come modo di pensare alla vicinanza con l’uomo più che come metriche e strutture di suono. Oggi quel “Bacanadera” prende nuova vita e nuova visione in una sua – potremmo dire – evoluzione di concetto e di mood. Esce “Bacanadera Butterfly”, pubblicato da Waste Noise, dentro cui il suono diviene più digitale, elettronico… industriale appunto. E visti i connotati sociali e filosofici che regnano dentro un’opera simile, direi che la chiave di lettura sociale o comunque di una qualche forma di omologazione, sembri imperare in questa distesa sonora decisamente ricca di spunti e di visioni. E in fondo da D.In.Ge.Cc.O non potevamo che aspettarci altro…
“Bacanadera” l’avevamo in qualche modo codificato, nel significato anche. Come si accosta “Butterly” e in quale senso si trova la chiave?
La chiave di lettura di questo accostamento è legata al concetto di cambiamento, di trasformazione. Bacanadera è un disco nato da un’esperienza che possiamo, senza esagerazioni, definire onirica, un’immersione spirituale nelle ritmiche ed evocazioni delle sonorità tipiche di una certa black music, calata nelle suggestioni della musica sud americana. In “Bacanadera Butterfly” si rivive questo magnetismo ma in una dimensione più lucida, più presente alla realtà e con un taglio più intimista e romantico. Un sorta di risveglio che prende forma alla fine di un viaggio. Un risveglio carico di speranza e soprattutto arricchito dalla consapevolezza di essere coinvolti in un cambiamento, una trasformazione che è già avvenuta e che non può lasciarci indifferenti. E’ la metafora del bruco che diviene farfalla.
Evoluzione del passato? Eppure in questa evoluzione si parla molto di omologazione… o sbaglio?
Non è l’evoluzione di un passato lontano ma piuttosto l’evoluzione del presente, un presente ricco di cambiamenti, una metafora di tutto quello che l’umanità ha dovuto affrontare e sta affrontando solo negli ultimi mesi. I tempi che abbiamo appena vissuto e che stiamo vivendo devono farci riflettere. devono riuscire a spingersi al cambiamento, a renderci consapevoli che c’è bisogno di un nuovo umanesimo, di mutare l’ approccio nei confronti dell’esistenza. Un cambiamento necessario di cui dobbiamo prendere coscienza. Non si può scendere più a compromessi su i grandi temi che stanno caratterizzando l’epoca che viviamo. E mi riferisco al modello di società che abbiamo costruito, alle conquiste di civiltà che sono costate sangue e sacrifici, mi riferisco inoltre alla tutela dell’ambiente ed alla salvaguardia del clima. Non possiamo regredire quando parliamo di solidarietà, di diritti civili, di diritto al lavoro ed della sua dignità. E’ un percorso questo che è alla nostra portata e che non necessita di rivoluzioni e sconvolgimenti totali. Tornando alla metafora insita in questo nuovo disco, è proprio il senso di abbandono del sogno e il procedere verso la dimensione reale che la caratterizza, un risveglio carico di cambiamenti, una nuova percezione della realtà che nasce dall’esperienza di una crescita interiore e spirituale che necessariamente dovrà guidare le nostre prossime azioni.
Che poi da molti si sente dire che nel futuro torneremo ad essere preistorici… insomma il futuro è sinonimo di regressione della tecnica… che ne pensi?
Non è la tecnica che regredisce o che è capace di far regredire l’uomo, ma piuttosto la perdita della ricerca di un senso da dare alla nostra esistenza e l’utilizzo della tecnica come rifugio dalla realtà. Mi viene in mente il tema di una canzone di Franco Battiato, un artista immenso, a cui sono molto legato come sa bene chi mi segue, ovvero “Shock In My Town”, quando dice: “stiamo diventando come degli insetti, simili agli insetti” oppure quando parla di generazioni senza più passato e di neo primitivi. E un brano del 1998 che descrive bene alcune storture della società di allora che, oggigiorno, si sono ingigantite. Quando non si ha più memoria del passato, della propria storia, si regredisce inevitabilmente, allo stato di uomini primitivi, dediti solamente ai soddisfare i bisogni primari. Quando non si ha più interesse nei confronti della propria crescita spirituale e interiore, si perde la caratteristica principale della nostra peculiarità di esseri pensanti, di esseri umani. Gli insetti reagiscono solo a stimoli elementari perché non hanno emozioni. E’ verso questa direzione che stiamo andando? E’ questa l’involuzione che ci attende? Io credo ancora che l’umanità possa svegliarsi da questo torpore allucinogeno, dal dominio di un relativismo utilitaristico che vede ogni cosa inerita in due categorie, utile o non utile. Ci sono segnali positivi in questa direzione, soprattutto nelle nuove generazioni che però vanno guidate alla riscoperta della conoscenza e della cultura e non gli va inculcato il concetto che tutto ciò che conta nella vita è solo ciò da cui si può ricavare un profitto tangibile e materiale.
E questo video dedicato a “Lights From Dreams” va di scena la fantascienza dell’immediato futuro. Ormai le macchine volanti ci sono… sogno o realtà?
Sono un grande amante del progresso ed in particolare del progresso tecnologico e della tecnologia in generale. Nel video sembra che la ragazza protagonista, si trovi in una specie di macchina volante, piena di luci che vengono dall’esterno come se stesse volando, quando, in realtà, si scopre, alla fine, che si trova rinchiusa in una vecchia Mercedes degli anni 80. In questo caso è la paura di realizzare i propri sogni che impedisce alla ragazza di prendere il volo, di seguire i suoi sogni e guardare verso il futuro. Le macchine volanti sono già una realtà, come dici tu, l’importante è che questa evoluzione tecnologica non ci lasci prigionieri dentro la macchina, ognuno circondato solo dalla propria solitudine. La tecnologia ci ha insegnato a ridurre le distanze, a dilatare la nostra percezione del tempo e dello spazio ed il modo in cui viviamo queste due variabili imprescindibili, e non parlo solamente del muoversi fisicamente e velocemente da un posto ad un altro, ma di come è riuscita a far condividere idee e pensieri in tempo reale, grazie alle rete, ad internet. Tutto questo ci ha permesso di comprendere che ogni differenza tra le tradizioni, gli usi e costumi dei popoli, costituisce una ricchezza e che, in fondo, siamo tutti parte di un’unica razza con un unico destino, quello del genere umano.
A chiudere… perché questa direzione, come dire, cosmopolita?
Mi ricollego a quello che ho detto rispondendo alla precedente domanda. Credo che oggi sia impossibile prescindere da ciò che accade nel mondo, anche se accade ad una distanza di migliaia di km da dove vivi, perché, proprio grazie all’evoluzione tecnologica, viviamo in un mondo iperconnesso e globale. Non puoi ficcare la testa sotto terra e pensare che le violenze, i soprusi, le violazione dei diritti fondamentali dell’uomo, non ti riguardino se avvengono lontano da casa tua. E così vale anche per l’arte. Oggigiorno credo che l’arte deve per forza respirare questa dimensione cosmopolita, perché deve interpretare il proprio tempo, cercando di coglierne le caratteristiche, nel bene e nel male, e gettando sempre lo sguardo verso il futuro.