Cristina Donadio, tra gli ospiti della decima edizione del Social World Film Festival, si è concessa in una lunga chiacchierata, parlando del suo percorso artistico e annunciando i suoi prossimi progetti. Dopo averla vista nelle ultime settima al cinema con il film “Mai per sempre di Fabio Massa”, prossimamente l’attrice sarà impegnata in un nuovo progetto cinematografico diretto da Francesco Patierno, dal titolo “La peste”, ispirato al romanzo dello scrittore francese Albert Camus. «Questo è uno dei progetti a cui tengo molto. Un film che Patierno ha cominciato a girare nel periodo del lockdown, e ben presto riprenderemo a girare per finire quello che era stato iniziato». Il film è ambientato a Napoli nei giorni del lockdowon per il Covid-19. Protagonista della storia è Bernard Rieux (Francesco Di Leva), un medico che lotta contro il morbo. Altro personaggio è mentre Padre Paneloux (Peppe Lanzetta), un gesuita che considera la peste un flagello inviato da Dio, mentre Crisna Donadio interpreta il ruolo di Cottard, che si arricchisce con la orsa nera dei generi di prima necessità. Tra gli altri suoi progetti troviamo “A Classic Horror Story” un film horror , in uscita su Netflix, diretto da Paolo Strippoli e Simone De Feo, mentre a gennaio sarà sul set di un nuovo film, opera prima di Francesco Pirozzi, affiancata dagli attori Peppe Servillo e Roberto De Francesco.
Dal teatro al cinema alle serie televisivi, diversi sono i personaggi che Cristina Donadio ha interpretato nell’arco della sua carriera. Tra questi quello che più gli dato maggiore popolarità è senza dubbio Annalisa Magliocca, detta Scianel, nella serie televisiva Gomorra.
«Il nostro mestiere ti porta ad aprire tante porte ad entrare nelle vite degli altri e ad impossessarsi delle vite degli altri, perché bisogna essere e diventare qualcosa che è totalmente lontano da te, quindi ti capita di imbatterti in personaggi orrendi, che raccontano l’orrore, ma che per un attore sono una grande risorsa, una cosa molto bella da tenere tra le mani. Quando mi hanno presentato il personaggio di Scianel, l’ho visto come una bella sfida, poiché dovevo entrare nei panni di una donna che esiste, poiché nella realtà esistono tante donne del genere. Per poter avere tutti gli strumenti e affrontare l’orrore senza dare a Scianel la piccolezza di un personaggio di cronaca nera, mi sono ispirata pensando che fosse una sorta di Medea o Lady Macbeth. Scianel è diventato un personaggio iconico perché ancora adesso se ne parla nonostante siano passati un po’ di anni dalla sua morte. Questo ovviamente mi rende orgogliosa come attrice, un po’ meno come cittadina e come donna, perché questi personaggi rappresentano il male. Mi piace interpretare il ruolo della cattiva, ti mette alla prova, poiché ti spinge a scavare nei tuoi demoni più nascosti. Per entare nei panni di una cattiva, devi fare una ricerca profonda dentro te stessa e questo è un lavoro che fa bene all’arte di recitare».
E restando in tema di personaggi, l’attrice racconta cosa le piacerebbe fare in futuro e da chi le piacerebbe essere diretta. «Ogni attore ha un cassetto con le cose che ha fatto e altre che gli piacerebbe fare. Sicuramente mi piacerebbe interpretare il personaggio di Filomena Marturano e quello di Medea. Sono due personaggi paradossalmente vicini e allo stesso tempo lontanissimi. Sono due madri che combattono per i figli, una arriva ad ucciderli, li sacrifica per salvarli e l’altra li salva sacrificandosi. Entrambe hanno delle corde, dei colori che mi affascinano particolarmente. Di registi con cui vorrei lavorare ce ne sono tanti. Sono molto affascinata dai giovani e dalle loro idee creative. Però se dovessi dire il nome di un regista italiano, sicuramente la mia scelta cadrebbe su Luca Guadagnino, infatti sono impaziente di vedere la serie che adesso comincerà. Trovo che lui diriga molte bene e lo fa con una aristocratica diversità. Mi piace il suo modo di usare gli attori poco convenzionale. Forse una Filomena Marturano immaginata da Guadagnino sarebbe il caldo e il freddo che si uniscono».
Tra i tanti lavori a cui l’artista è legata, “La scelta” di Giuseppe Alessio Nuzzo è uno tra questi. Il film breve, ancora in giro per i vari festival a raccogliere consensi e riconoscimenti, racconta in un unico piano sequenza di 10 minuti, la malattia di una attrice. Una favola moderna, ispirata alla storia vera di Cristina Donadio, che durante le riprese della seconda stagione di “Gomorra – la serie” curava il cancro.
«La scelta è un bel po’ che lo portiamo in giro, più di un anno. Posso dire che è un pezzo della mia vita e racconta una parte di me, un’avventura, una disavventura. Il film parla di un cortocircuito nella vita di una persona, ogni volta cambio nome a questa cosa che mi è accaduta. Un racconto fatto in maniera delicata, autentica, con grande amore e garbo. Questo mi ha aiutato veramente a lasciarmi andare nelle mani di Giuseppe Nuzzo. Quando mi ha proposto il progetto, dopo poco tempo che avevo terminato questa mia disavventura del tumore al seno, ho capito che era giusto raccontarlo, oltre che nelle interviste, anche per immagini, perché credo che certe storie o situazioni vanno condivise e più le condividi e più possono aiutare gli altri a sentirsi parte di qualcosa».
In questa lunga chiacchierata, in cui l’attrice napoletana ha parlato molto della sua esperienza come attrice, dei suoi prossimi progetti e di quelli che maggiormente le sono rimasti nel cuore e nella mente, si è discusso anche del ruolo della donna nel cinema, e di come ancora oggi, principalmente in Italia, la figura femminile sia messa in secondo piano rispetto a quella maschile.
«Lo spazio delle donne nel cinema, parlo dell’Italia soprattutto, sicuramente è ancora molto poco. Le donne tra i 30 e 40 anni, ad esempio, cominciano a non avere più un nome, un’identità ma diventano, le sorelle di, le mamme di, diventano un accessorio domestico. È molto difficile che si scrivano storie per le donne, mettendole al centro, quando invece nella vita le donne hanno una loro importanza, nel bene e nel male, hanno una loro centralità che non viene riconosciuta nel cinema. Questo credo sia soprattutto un problema di sceneggiatura. Le storie che si raccontano sono sempre quelle degli uomini che hanno accanto anche delle donne, ma sono sempre storie di uomini, dove gli accessori sono le donne. Questo non succede in altri Paesi d’Europa. In Spagna “Vis a Vis” è un esempio, ma ci sono anche altre serie spagnole, inglesi o americane dove le protagoniste sono donne che raccontano le loro storie. Il giorno in cui questo accadrà in Italia sarà un grande giorno».