Incontrando Zucchero per la presentazione del suo 14esimo album di inediti, “D.O.C.” prodotto con Don Was si capisce molto del suo successo. Perché Zucchero quando parla di autenticità riesce ad essere convincente al massimo delle sue potenzialità. E fa anche autocritica sul passato, visto che dopo tanto tempo in questo disco (che voleva far uscire senza titolo) non ci sono incursioni in inglese e nomi altisonanti nei featuring.
«“D.O.C.” è stato concepito a Pontremoli nella Lunisiana Soul – racconta – e registrato tra Los Angeles e San Francisco. Per la scrittura di alcune tracce dell’album ho collaborato con Francesco De Gregori e altri nomi che sono tutti nuovi perché oltre a Pasquale Panella voglio scoprire stimoli nuovi e dare luce ai ragazzi».
Questa era la mission del disco, che Sugar ha voluto fortemente autobiografico, «intimo fino a pensare di non farlo proprio uscire visto che ero molto geloso dei brani che erano contenuti».
Con De Gregori ha scritto “Tempo al Tempo”: «Con Francesco ci siamo rivisti per un suo concerto a Roma e mi ha chiesto di eseguire dal vivo la nostra precedente collaborazione, “Diamante”. E al termine della performance mi ha detto che non è comune andare così d’accordo, riuscire a fare delle cose così belle assieme e voleva rifarlo. Per questo ci siamo messi a lavoro, mi è venuto a trovare in Emilia e in un giorno e mezzo abbiamo lavorato a questo nuovo testo».
Le parole delle sue canzoni, quando sono in tandem con un altro autore, vengono seghettate, aggregate e ricomposte a piacimento, «un metodo che mi offre molti spunti ma anche libertà ed è un piacere lavorare così». Come è successo con Davide Van De Sfroos in “Testa o Croce”: «De Gregori mi aveva suggerito lui dicendo che saremo andati d’accordo perché non scrive solo nel suo dialetto Laghé. In effetti aveva scritto un testo per mia figlia Irene, chiamato “Grande Mistero”, ma forse era troppo maturo per una ragazza. E quindi mi ha proposto un nuovo brano mandandomi testo e musica sul telefono dicendo che potevo farne quello che volevo. Mi è piaciuto molto l’utilizzo delle parole e l’ho rielaborato per farlo mio».
Sul passato di lustro della sua carriera dice: «A volte mi hanno chiesto di tradurre i testi in inglese ma non sempre funzionava. Come fai a dire “salva il giovane dallo stress e dell’azione cattolica”, veniva fuori riferimento alla santa inquisizione che non c’entrava niente. E allora ho lasciato perdere e mi sono portato con orgoglio l’italiano all’estero. E vedo che ora sta iniziando a funzionare. Ma perché gli altri devono venire qui a cantare in inglese e noi no? Tra l’altro quando ci provano in italiano nemmeno li apprezziamo molto. Quindi tanto vale tenersi la propria lingua e dire: prendetemi per come sono».
Il tour parte dall’Australia ad aprile 2020. “D.O.C.” verrà presentato live in tutto il mondo per arrivare nel nostro Paese il prossimo settembre all’Arena di Verona, luogo definito da Zucchero come «uno dei più bei posti al mondo per fare musica», per le uniche date itaoliane del tour mondiale.