I gioielli, quel favoloso mondo, desiderio e brama di tante donne, oggi sono considerati non più arti minori ma elementi fondamentali per ricostruire le tradizioni di un paese. L’interessante catalogo “Collezione di antichi. Famiglia Spadafora. Maestri orafi di san Giovanni in Fiore” curata da Rosa Romano per Rubbettino, apre un mondo da diversi punti di vista.
Permette, infatti, la conoscenza di questa famiglia calabra che si tramanda di generazioni i segreti e gli usi degli orafi e che piuttosto che sciogliere per farne profitto l’ingente e vasto patrimonio di gioielli di famiglia ne ha voluto fare (ancora in corso di allestimento) un museo per la fruizione.
Nel suo intervento il ministro Dario Franceschini sottolinea l’importanza del catalogo che definisce “un viaggio nella raffinata sapienza artigiana, il gioiello popolare ci restituisce in filigrana il racconto di una società e dei suoi riti”.
Grazie al lavoro del funzionario architetto Pasquale Lopetrone entriamo e scopriamo il mondo degli Spadafora, di Giovan Battista e dei figli Peppino e Giancarlo che operano a San Giovanni in Fiore. Giovan Battista è conosciuto ed apprezzato come orafo delle Madonne, avendo realizzato nel corso del tempo, una grande quantità di corone per la Madre di Dio, apprezzate anche da alcuni papi, ma ha all’attivo anche altre specializzazioni della sua opera: in particolare ha trasformato in gioielli le tavole del Liber Figurarum l’opera teologica figurativa più originale ed importante del Medioevo. Per espressa volontà dei suoi figli, dal 2016, si è cominciato un percorso che ha portato al processo scientifico amministrativo di inventariazione catalogazione e musealiazzazione della collezione degli Spadafora.
Inoltre nel libro, molto interessante in quanto uno spaccato di vita quotidiana dove l’amore per il lavoro è la dominante, è l’intervento della figlia di Giovan Battista, Monica, che racconta la vita del padre mettendo in rilievo il suo grande amore per l’arte dell’Oreficeria e della sua stessa collezione ricostruita recuperando pezzi anche in America, in Argentina da alcuni rami della famiglia che poco hanno a che fare con questa arte.
Il certosino lavoro della dottoressa Rosa Romano ha svelato agli occhi degli studiosi e dei semplici curiosi i gioielli Spadafora fornendone un’accurata classificazione e studio sui singoli pezzi. Posseder gioielli ad un certo punto della storia del nostro paese tra Settecento ed Ottocento è anche il modo per capire la condizione economica di una famiglia; diventa una necessità avere dell’oro perchè permette di comporre le doti matrimoniali ed anche ai morti si fanno indossare i gioielli di famiglia. I gioielli avevano anche una funzione apotropaica e propiziatoria pensiamo alla chiave, al serpente, al pesce, al nodo d’amore e ai loro significati.
Lo studio dell’antropologo Raffaele Corso mise in evidenza il colore caratterizzante dei vestiti delle donne nei vari paesi della Calabria, in particolare il nero è quello di San Giovanni in Fiore ed anche i gioielli hanno una caratterizzazione a seconda del luogo.
Nella vasta collezione Spadafora un discorso a parte meritano le miniature dette “figurini” dipinte con volti di donna e realizzate a smalto che in Calabria sono molto diffuse; gli anelli, che nella ritualità della promessa nuziale , simboleggiano l’unione matrimoniale sono molto numerosi nella collezione nelle diverse tipologia, a “spola”, a “fascia” etc.
Un cospicuo numero di bracciali, 24 tutti da donna, sono altri pezzi pregiati così come le collane che hanno caratteristiche diverse e possono datarsi prevalentemente, dalla metà dell’Ottocento alla prima metà del Novecento; in particolare ricordiamo la jannacca o chiannacca che era considerato il gioiello più importante della cosiddetta pacchiana di San Giovanni in Fiore che se ne separa solo se in lutto per il coniuge. Gli orecchini, gli orologi, le spille chiudono la vasta collezione.
Un patrimonio da tutelare e conoscere è racchiuso in questo “prezioso” catalogo che diventa anche un passpartout per conoscere le tradizioni locali in particolare quelle calabre che diventano anche patrimonio nazionale.