Claudio D’Avascio è un regista napoletano; nei giorni scorsi con il corto “Un giorno lo dirò” ha vinto il primo premio nella categoria scuola superiore al “Sottodiciotto Festival” di Torino, se lo aspettava?
«Sinceramente è una bellissima notizia inaspettata. Il corto racconta di una ragazza e della sua difficoltà a vivere la sua vera sessualità, motivo per il quale, durante un incontro di rito con la famiglia allo scopo di conoscere il suo presunto fidanzato, chiederà aiuto al suo più caro amico chiedendogli di recitarne il ruolo».
Che atmosfera si respira a Torino al “Sottodiciotto Festival”?
«Non è la prima volta che ho partecipato al festival, nel 2015 tra l’altro mi capitò di vincere con un altro cortometraggio prodotto sempre da Arci Movie. L’atmosfera è sempre la stessa, bellissima: dall’accoglienza calorosa, all’impegno nei confronti di un cinema giovane che, grazie a festival come questo, dà la possibilità di trasformare la singola esperienza di un laboratorio di cinema con i ragazzi in qualcosa che prosegue anche dopo. Poi Torino è bellissima».
Il modo migliore per insegnare qualcosa ai giovani qual è?
«Il modo migliore è avvicinarli sfruttando proprio il cinema. Quasi tutti i ragazzi amano molto questo mezzo di comunicazione ed è un’ottima partenza, bisogna solo istruirli sui ruoli creando una situazione di squadra. Lavorare con le scuole è un’esperienza formativa tanto per i ragazzi che per noi professionisti. Per alcuni ragazzi questi corsi spesso iniziano come un gioco, diventano vere e proprie passioni o addirittura lavoro».
La produzione del video è stata di Arci Movie Napoli, cosa pensa di questa realtà?
«Arci Movie è una realtà molto importante su un territorio tanto difficile come quello di Napoli e soprattutto della sua provincia. Da tantissimi anni collabora con le scuole cercando di far conoscere il cinema a ragazzi giovanissimi».
Ricevere un premio da Roberto Saviano è una emozione doppia?
«Direi tripla, primo perché ricevere un premio è sempre una fortissima emozione, secondo perché è Roberto Saviano a consegnarlo, terzo perché Roberto Saviano è, come me, legato ad un territorio così complesso come quello napoletano, credo che anche solo attraverso una stretta di mano ci si possa intendere molto più di quanto si pensi».