Cirque des Rêves è il francese per “Circo dei Sogni” e a prendere questo nome sono 6 ragazzi di Napoli che si stanno facendo strada nella musica non solo nazionale. Diciamo “musica” perché il loro primo EP (Cirque des Rêves, appunto) è talmente variegato che è difficile catalogarlo. C’è predominanza di folk e sapori mediterranei, niente elettronica, tutto autoprodotto e scritto da Lisa Starnini (voce, testi), Giovanni Ilardo (chitarre), Giovanni Bruno (pianoforte), Corrado Calignano (basso), Alfredo “edo” Notarloberti (violino) e Alessio Sica (batteria, percussioni e glockenspiel). Parlavamo di internazionalizzazione perché Cirque des Rêves ha avuto il battesimo appassionato di uno degli ultimi grandi produttori mondiali: David Richards, il padre di molte incisioni leggendarie di Bowie e Queen, scomparso lo scorso dicembre. Ne abbiamo parlato con la voce della band, Lisa Starnini.
Come nasce Cirque des Rêves?
«L’ho creata io circa un anno fa. Ci conoscevamo tutti perché frequentavamo lo stesso studio di registrazione a Napoli, lo Starlight. Ma un giorno alla macchinetta del caffè mentre parlavamo dei nostri progetti da soli, abbiamo deciso di metterci assieme e creare qualcosa assieme. Proveniamo tutti da mondi diversi, ma abbiamo 30 anni in media e tutti la testa dura. In qualche modo funziona.»
Il vostro EP è onirico, coraggioso, spinto sul celtico come sulle suggestioni del sud del mondo. Canti addirittura in tre lingue. Come vi vengono in mente le canzoni?
«Quando sono arrivata in studio con i miei compagni ho iniziato a cantare su delle linee melodiche in fake English, un inglese che uso giusto per non cantare numeri. Solo dopo scrivo i testi, loro che vengono da mondi diversi come il pop, o il metal sono rimasti sconvolti. Ma io ho chiarito subito che lavoro così, e che solo in un secondo tempo scrivo i testi e scelgo la lingua. Il titolo rievoca un sogno francese, romantico, suonava bene, pensavo a certo cinema muto degli anni 20. Ma per l’album che stiamo preparando abbiamo temporaneamente abbandonato l’inglese, semplicemente perché non ci ispira.»
Avete avuto due “padri” guida in Max Celsi e David Richards, due mondi lontani che vi hanno però incoraggiato.
«Max Celsi è lo storico bassista di Elisa che adesso lavora con Ivano Fossati, quando Fossati fa qualcosa, altrimenti è un turnista di grande prestigio. Lo conoscevano, benché lui sia di Monfalcone come Elisa, e gli abbiamo mandato i nostri pezzi. Lui ha accettato di fare la produzione artistica per il nostro debutto, Cirque des Rêves. Ha lavorato più che altro per sottrazione, senza mai invadere la nostra creatività. Ha tolto il superfluo, più che aggiungere. È una persona fantastica ed è un grande onore averlo avuto. Invece Richards era un pallino che avevo io…»
Dicci come è andata.
«Sono originariamente toscana, mi sono trasferita a Napoli per amore, perché mio marito che è il chitarrista dei Cirque des Rêves è napoletano. La nostra passione comune sono i Queen. Lui è proprio collezionista, ha tutto di loro, e assieme fantasticavamo su come sarebbe stato bello avere la guida di un grande come David Richards, che ha prodotto i più grandi dischi dei Queen. Così ci siamo messi in macchina e da Napoli siamo andati fino in Svizzera. Ho parcheggiato la mia macchina nel suo giardino, non ti dico la ritrosia di mio marito. Ero determinata, gli ho bussato alla porta, mi ha aperto la figlia. Lui è arrivato, ho trovato una scusa, volevo sapere un preventivo per registrare nei suoi studi. E lui mi ha detto che non fittava gli studi, gli servivano solo per fare lavori per se.»
Quindi sei partita all’attacco!
«E certo, quello volevo sentirmi dire. Gli ho proposto di ascoltare le canzoni che avevamo scritto e qualora gli fossero piaciute se aveva intenzione di lavorare per noi nei suoi studi.»
Il coraggio ha pagato, quindi…
«Sì, soprattutto perché dopo pochi giorni mi ha chiamato lui in persona al cellulare. Non potevo crederci, anche perché per me e gli altri ragazzi era una testimonianza di validità. Se sei richiamata da uno come lui significa che qualcosa di buono nel progetto c’è. Infatti ci ha dato consigli preziosi da lì in avanti, ci chiedeva come andava, gli piaceva molto l’aspetto variegato del nostro repertorio, le tre lingue usate. Aveva sposato la causa e voleva produrci il disco.»
Poi è morto.
«Sì, è stato terribile, prima di Natale mi ha scritto, ho tutti i suoi messaggi conservati, mi ha scritto dicendomi che doveva andare in ospedale per un paio di settimane e poi purtroppo è mancato.»
Quindi siete alla ricerca di un nuovo produttore?
«Per il disco nuovo, che sarà un album intero con canzoni diverse da quelle contenute in Cirque des Rêves, puntiamo ad avere comunque una settima persona che faccia da esterno a noi. Lo trovo fondamentale.»
Siete già in tour, suonerete a Roma al San Giustino ad aprile e a Caserta al Dual Village il 21 marzo. Cosa vi dicono le persone che incontrate?
«Sono molto attente a come suoniamo, ci danno carica, ci danno ispirazione. Spesso ci fanno anche i complimenti per il coraggio. Che io sappia non ci sono gruppi emergenti in giro che fanno quello che facciamo noi, questo mix è strano ma piace. E soprattutto la soddisfazione maggiore è essere presi come punto di riferimento. Spesso i ragazzi che ci vengono a salutare ci dicono: mi avete dato coraggio, anche io mi butto in una cosa nuova come voi, ce la voglio fare.»