Cavalli elettrici è il romanzo d’esordio di Shannon Pufahl
Cavalli elettrici è il romanzo d’esordio di Shannon Pufahl edito da Edizioni Clichy (traduzione di Giada Diano).
Il titolo già genera molta curiosità, ma ancora di più le 413 pagine che compongono questo volume. L’autrice, cresciuta nelle zone rurali del Kansas, racconta le strade del west americano nel dopoguerra con una infinità di particolari sulla loro pericolosità e su tutte le morbosità che in esse abbondano.
Sempre più giù, pagina dopo pagina, riga dopo riga, ci si immerge negli ambienti maleodoranti che si raccontano. Il lettore viene trasportato in alberghi squallidi americani dove il lecito e l’illecito corrono sullo stesso piano, affiancati.
“Si parla di amore, di fortuna, del caso e del desiderio, di quel gioco d’azzardo che è la vita”. Tutto questo attraverso il racconto delle vite di Muriel, giovane e irrequieta, che si ritrova trapiantata a San Diego con il marito Lee e il di lui fratello, Julius.
Muriel cerca qualcosa disperatamente, e lo fa fin da quando è morta sua madre, non sa cosa cerca, ma nella sua nuova vita, con un marito che le dimostra affetto e protezione, ma che non le restituisce il necessario brivido vitale, non si ritrova.
Nella tavola calda dove lavora ascolta gli uomini che parlano di cavalli e da qui comincia una parte nascosta della sua vita che la porta a scommettere e a vincere anche.
Il gioco la cambia, la fa tornare a vivere e a volere scoprire cose e desideri che teneva chiusi e non osava inseguire.
Julius, anche lui, anima inquieta alla ricerca di una identità; trova lavoro in un casinò di Las Vegas, dal cui tetto i turisti scrutano i test atomici.
Qua si innamora di Henry, un baro di carte: e quando questi dovrà scappare, Julius lo inseguirà fino alla pancia di Tijuana.
In città incontra personaggi loschi, privi di scrupoli e lui è un bifronte: anima candida trasportata all’inferno e diavolo senza scrupoli.
L’autrice è brava a raccontare la realtà di certi luoghi, la descrive nei suoi particolari, in quel sottobosco dove i benpensanti non pensano minimamente di entrare ma che invece è pieno di persone, di vite.
Chissà se i perduti sono quelli che abitano questo sottobosco o quelli che fingono di non conoscerlo e che invece, di nascosto, vorrebbero abitarlo.
E i cavalli? Diventano l’ossessione di Muriel che impara tutto su di loro per non sbagliare le puntate, sono al centro dei racconti di alcuni dei protagonisti.
Julius quando torna dal fratello porta con sé una cavalla che regala ai due coniugi, forse per cercare di recuperare terreno con il fratello che lo ha sempre aiutato, o perché, in fondo, è attratto da Muriel.
Non sono personaggi positivi ma sia accettano per quello che sono e cercano anime affini sulla loro strada;
incontri di una notte, amori folli di pochi istanti, mezzi per provare brividi e passioni.
Eppure quando termini la lettura ti sei affezionato a Muriel, a Julius perché vogliono viverla la vita e non farsi sopraffare dalle regole imposte.
Il romanzo è stato molto apprezzato dalla critica americana ed anche dai lettori, forse perché, oltre ad essere scritto molto bene, racconta la verità senza paure.