Carne rappresenta la seconda parte del racconto musicale della band di Oristano, I Fiori di Mandy, la storia che ha avuto il suo inizio con l’Ep d’esordio Radici. Il nuovo progetto discografico, registrato in presa diretta senza metronomo per dare al pubblico l’idea di un’esibizione live, è stato anticipato dall’uscita del singolo Invadere. Carne è un album di alternative rock in cui si alternano riff morbidi e lenti ad altri veloci e graffianti, i sei diversi brani rapiscono l’ascoltatore per la loro complessità, tra questi si distinguono Invadere, In virtù del piovere e Mandria, dalle sfumature folk e Tra le storie, La Storia dal sapore etnico. I testi di Carne profondi e struggenti, intrisi di simbolismo, rappresentano per I Fiori di Mandy sfoghi viscerali dall’effetto catartico, da cui trasuda il dolore come conseguenza della morte, la paura e l’angoscia del domani, il senso di solitudine del presente e, al tempo stesso un’anelata sete di amore che riesca finalmente ad allontanare dalla mente il ricordo e le immagini di violenza e crudeltà umana.
«Ci piace l’idea che ognuno possa trovare qualcosa per sé e di sé nelle nostre canzoni. Da qui l’idea di chiamare questo secondo EP “Carne”: cosa c’è di più istintivo della carne nelle sue varie forme? Inoltre il titolo del lavoro è dedicato al quadro utilizzato per la copertina del disco, opera di Tonino Mattu, pittore oristanese che ha deciso di prestarci questa sua bellissima creatura. Nel quadro è rappresentato il viso di un soldato tedesco della seconda guerra mondiale, immobile, fermo più che mai, inumano, quasi… poi del sangue che fuoriesce dall’orecchio, immagine forte che crea paradosso e restituisce “vita” e “carne” al personaggio ».
I Fiori di Mandy sono Edoardo Mantega (voce e chitarra), Luigi Frau (basso) e Raffaele Mura (batteria). Il trio nato nel 2016 ha partecipato al festival Rockas 2016 e ha vinto al contest “Rock in contea”.
I brani del vostro secondo EP Carne fotografano le sofferenze, i sentimenti e le angosce che possono interessare qualsiasi uomo. In Carne sembra esserci non solo il vostro sfogo istintivo ma anche un agognato desiderio di rinascita…
«In “Carne” c’è una rinascita vera e propria in ogni pezzo, nel senso che nell’essere semplicemente “al mondo” ogni canzone trova la sua ragion d’essere che è per noi prima di tutto vita e ciclo vitale: ben accetta e necessaria è la rinascita, sempre».
In Invadere urlate il rifiuto ad accettare il mondo circostante che sta cambiando. Quali impulsi vi hanno spinto a comporre questo pezzo?
«“Invadere” sfoga più di altri pezzi la vena “rabbiosa” della nostra anima. È un urlare che ci siamo, in mezzo a tutto il traffico fitto e violento che ogni giorno ci circonda; che ci siamo e che abbiamo voglia di svegliarci da un tepore che troppo spesso, e per le più svariate ragioni, ci tiene incatenati a schemi e usi che forse non ci appartengono poi tanto. Il mondo sta cambiando e non è per forza un male, anzi. È la perdita di attenzione verso il cambiamento, forse, la cosa preoccupante».
Quelli di ieri è un brano in cui liberate il vostro dolore in seguito alla morte di un amico…
«“Quelli di ieri” è per la morte di un amico, ma non solo. Non ci piace dare “significato unico” ai nostri pezzi. Crediamo debbano generare creatività ed emozione ogni qual volta uno li ascolta, o almeno lo speriamo. “Quelli di ieri” è per una persona che non ci sarà data mai più indietro, ma anche per i semplici giorni che non avremo più, per tante altre piccole cose che possono accadere e che ti portano a capire che le strade cambiano e che dovrai arrivare a relazionarti sempre e comunque con un nuovo te, un nuovo domani, e così via».
Alcuni brani tra cui Karter e Tra Le Storie, La Storia rievocano fatti drammatici ed eventi storici che vi hanno particolarmente turbato?
Tanti avvenimenti nel corso della storia ci hanno turbato e continuano a turbarci e a lasciarci pieni di parole. In “Karter” c’è un riferimento a Hurricane Carter, questo è poco ma sicuro. Ma il pezzo non parla di lui. Voglio dire: è citato come esempio di privazione, di ipotetico (“ipotetico” poiché non vissuto in prima persona) grande dolore dato dall’abbandono, dalla rabbia per un tempo che non avrai più indietro. Ma non parla di lui. Lui è nel pezzo un espediente per arrivare alla descrizione del sentimento che il pezzo vuole trasmettere: e qui mi fermo, perché sarebbe bello ognuno provasse a lasciarsi andare a ciò che il testo vuole raccontargli o donargli. Per “Tra le storie, la storia” è un discorso simile, senza preciso riferimento storico. Qui è protagonista la vita, dal suo inizio sino alla conclusione.
Nei pezzi In virtù del piovere e Mandria sembrano scorgersi sonorità folk che incrociano il rock. Attraverso gli arrangiamenti intendete trasmettere il vostro stato d’animo?
«Si, il nostro stato d’animo: perché no? C’è anche un non volere stanziare per forza su un determinato genere, magari sempre in riferimento allo stato d’animo o all’ambiente creato dal testo. Di solito cerchiamo punti in comune tra le differenti parti del brano e poi cerchiamo di svilupparle in funzione del mood del testo, mantenendo sempre, però, una logica».
Perché avete scelto come nome della band I Fiori di Mandy?
«“I fiori” non hanno un vero e proprio significato: è stata una scelta in funzione del suono delle parole e del loro semplice potere evocativo. “Mandy”, contrariamente, ha parecchio significato: Mandy è una ragazza conosciuta durante un viaggio in Irlanda, con un carattere particolare, che colpisce; un incontro come tanti altri ma come nessuno prima. Il suo modo di fare, di porsi, rispecchiava esattamente ciò che noi volevamo creare in musica: mancanza di punti fermi e sensibilità disposta ai cambiamenti».
Quali artisti della scena alternative rock vi hanno plasmato musicalmente?
«Abbiamo tutti influenze diverse ma ci ritroviamo spesso negli stessi artisti della scena underground italiana come C.S.I., Il Teatro degli orrori, Marlene Kuntz».