Canesecco è sulla scena da oltre 10 anni e superata la soglia dei 30 dice di non sentirsi “molto diverso da come ero, anche il mio pubblico mi ha sempre trattato alla stessa maniera”. La carriera che ha intrapreso, con duetti eccellenti con J Ax, Fedez ed Ensi, lo ha traghettato fino alla realizzazione di un sogno: un album, Real, che è uscito da poco e che si sta facendo strada da solo nella scena indipendente. Il singolo Da Solo è tra i più visualizzati nella sua categoria su Youtube a poche settimane dal lancio. Abbiamo intervistato il rapper romano in trasferta a Milano, dove ha incontrato il suo pubblico.
Sono tutti molto eccitati dall’incontrarti qui a Milano, sapevi di essere tanto amato?
«Certo, mi scrivono, mi abbracciano, mi sostengono i miei fans. Sono davvero fortunato e voglio viverla fino in fondo, pensando a questo mio percorso senza grandi sostegni alle spalle come una strada da indicare a ognuno di loro».
C’è qualcosa che però ti dà fastidio nella civiltà dei social network? A giudicare da quello che canti sì…
«Son tutti giudici dei talent e questo mi dà un po’ fastidio. In Italia ci sono grosse critiche e spesso superficiali da parte del pubblico. Ringrazio di aver fatto parte di una generazione passata. Verba volant davvero, i ragazzini lasciano un segno e vengono anche utilizzati a loro insaputa come dati snesibili da parte dei discografici che vogliono mettere qualcuno sotto contratto. I loro commenti pubblici sono delle indicazioni».
Che pubblico ha Canesecco? Hai esordito a Roma alla fine degli anni 90 e oggi hai ancora tanta presa.
«C’è il pubblico occasionale e quello hardcore. Quello che arriva ogni tanto a me, apprezza quello che sente e basta, lo definirei occasionale. Ci sono pure quelli che mi dicono di ascoltare solo me come artista rap e poi magari ascoltano metal. Invece quello affezionato se ne accorge dei cambi di direzione e degli alti e bassi. Ma spesso hanno una sindrome del talebano, in tutte le scene artistiche e premiano in base a regole fuori dal mondo».
Cosa ti infastidisce di più?
«Io non mi permetterei mai di dire a un mio idolo cosa deve fare, come deve suonare. Non so, non ho questo piglio da CT della nazionale di calcio».
Sei Da Solo, come dice la tua ultima canzone?
«Ho intrapreso una strada che in pochi hanno attraversato, lo stare da solo. È stato mezzo scelto e mezzo capitato. Mi fa onore con i numeri, lo so e ne vado fiero, dimostro che riesco a farmi ascoltare senza un’etichetta dietro. In un vecchio singolo canto: “sono un problema, sono un grande problema per te”, molti ipotizzavano che ce l’avessi con qualche collega. Ce l’ho con l’industria e con quel tipo di pubblico che mi dice: non ce la puoi fare da solo senza una spinta forte. E invece dimostro il contrario, almeno all’inizio».
Perché hai scelto Real come titolo?
«Sono sempre rimasto uguale da quando sono arrivato. È un gioco di parole bilingue, real in inglese, e spagnolo real, letto come regalità. Ogni lettera rappresenta una parola: royal, eleganza, lifestyle e attitudine. L’eleganza reale è un concept che attraversa tutto il disco. L’eleganza che non faccio musica che strizza l’occhio alle radio, faccio quello che mi va. Eleganza reale la definirei».
Come ti vesti?
«Se esco con gli amici nel pomeriggio, scelgo abbigliamento urban. Superati i 30 sto notando che spesso mi metto più carino per andare nei locali con qualche ragazza».
Com’è Milano per un rapper romano?
«Qui a Milano i Navigli sono la realtà più figa per i giovani in Italia, con Bologna, visto che c’è un movimento studentesco forte. Qui ci si becca tutti in poco tempo, Roma è molto dispersiva. Mi piacciono molto le periferie di entrambe le città. Alla Barona c’è la storia del rap italiano. Sono stato a Gratosoglio, Quarto Oggiaro, Tor Bella Monaca dove sono cresciuto a Roma».
Le collaborazioni che ti restano più dentro?
«Dirne una è difficile. Primo dei Cor Veleno che è scomparso a gennaio, vecchia scuola, lo ascoltavo fin da quando ero piccolo, ritrovarmi a fare canzoni con loro…che dire, ho realizzato i sogni di quando ero ragazzino. Ho ancora delle ambizioni, una è riuscire a educare il pubblico italiano su come sono io, far capire la differenza tra me e gli altri artisti. E poi vorrei collaborare con rapper emergenti internazionali. Ho fatto uscire questo disco come un biglietto da visita per rapper tedeschi o francesi, in realtà. Ho già contatti, credo di voler fare un prossimo disco molto europeo».