«Chi ha paura di sognare è destinato a morire» Bob Marley
Oggi, 6 febbraio 2025 si celebrano in tutto il mondo gli 80 anni dalla nascita di Bob Marley, il leggendario musicista che ha saputo trasformare il reggae in una musica universale, in un potente strumento contro le disuguaglianze sociali e in un mezzo per diffondere valori di pace e fratellanza tra i popoli.
Le sue canzoni sono ancora oggi inni alla speranza contro l’ingiustizia, le guerre, le discriminazioni.
Chi non ha mai ascoltato No Woman, no cry, One love, Redemption Song, Get Up, Stand Up? In ciascuna di esse c’è un messaggio senza tempo, una fascinazione che resiste alle mode sotto ogni latitudine, un segno tangibile di impegno e resilienza che va ben oltre i confini della Giamaica. Eppure bisogna andare nel villaggio di Nine Mile che custodisce la sua casa natale e la sua tomba per respirare la sua stessa voglia di riscatto contro l’oppressione, il razzismo, la fede rastafariana. Lì ogni cosa parla di Bob e molti musicisti, provenienti da ogni angolo del pianeta, ripropongono le sue canzoni con quell’affetto e quel timore reverenziale che si dispensa ai grandi.
Il 27 giugno del 1980 Bob Marley tenne nello stadio San Siro di Milano il suo unico concerto italiano. E sapete chi c’era tra gli opener? Il nostro Pino Daniele che da poco aveva pubblicato il suo terzo album Nero a metà.
Anche noi di Mydreams siamo stati catturati da Bob e gli abbiamo indirizzato una lettera.
LETTERA A BOB MARLEY
Caro Bob, tra poche ore lascerò la Giamaica per fare ritorno in Italia e come sempre, al termine di un viaggio, una piccola parte del mio cuore resterà nei luoghi visitati ma stavolta un po’ di più.
La tua isola mi ha catturata dal primo istante: Mare cristallino, vegetazione lussureggiante, abitanti sorridenti e cordiali come sanno esserlo solo coloro che sono abituati ad accogliere senza riserve i tanti turisti stranieri che ogni anno arrivano a frotte per godere le bellezze del luogo. E poi tu, caro Bob, profeta e sciamano, icona universale e leggenda del reggae, voce degli schiavi e degli oppressi, uomo di speranza e di pace.
Avevi previsto la tua morte prematura e non ti sei sottratto al destino diffondendo fino alla fine dei tuoi giorni il Verbo Rasta per la libertà e il riscatto del popolo nero. Hai indicato una Terra Promessa a coloro che non possedevano nulla, hai offerto conforto e comprensione agli ultimi perché anche tu sei stato uno di loro nel ghetto di Trenchtown nella città di Kingston, hai lottato strenuamente contro le ideologie che giustificavano la segregazione e l’umiliazione dei propri simili per il dio profitto, hai lasciato nel ritmo incalzante e potente del reggae il battito vivo e pulsante del tuo grande cuore.
Tutti ti conoscono e parlano bene di te con quell’affetto che si riserva a uno di famiglia. Ognuno ha da raccontare un episodio, un aneddoto, un fatto che ti vede protagonista ed è così difficile arrivare alla tua vera identità oltre l’artista di fama mondiale.
Ovunque mi sia recata da Montego Bay a Negril, da Nine Mile alle Dunn’s River Falls ho ascoltato la tua musica potente. In spiaggia, in albergo, nei taxi, nei pulmini durante le escursioni, le note e le parole dei tuoi brani hanno scandito i giorni di permanenza nella tua ed anche un po’ mia Giamaica. E che dire del tuo viso stampato su ogni tipo di gadget, dalle magliette ai teli da mare, dai portachiavi alle borracce, dai sandali ai cappelli rasta con i colori della bandiera giamaicana? Soltanto sulle banconote e sulle monete il tuo viso incorniciato dai dreadlocks non c’è per espressa volontà della tua famiglia che non ha voluto far riprodurre le tue sembianze sul vile denaro.
Caro Bob, tu sei la Giamaica! Di te si può dire una frase pronunciata alla morte di Gandhi: un giorno sembrerà impossibile che un simile uomo sia nato sulla Terra.
Ciao Bob Marley!