Il sodalizio artistico tra il chitarrista sardo Beppe Dettori e l’arpista Italo-svizzero Raoul Moretti dà vita all’album S’incantu ‘e sas cordas (l’incanto delle corde), pubblicato su etichetta discografica Undas Edizioni Musicali. Le corde vocali e della chitarra di Beppe Dettori si fondono alle corde dell’arpa elettrica ed elettronica di Raoul Moretti elaborando singolari rivisitazioni, in cui il repertorio tradizionale sardo si congiunge a quello celtico, mediterraneo e sudamericano. Si distinguono per eccezionale sperimentazione musicale, Tuva e Tula, una canzone popolare, in cui il canto armonico tuvano e sardo si uniscono a quello siciliano, e i due brani S’Incantu I e II in cui all’arpa elettrica di Raul suonata con tecniche non convenzionali, con l’utilizzo degli effetti e dei i loop, si inserisce la vocalità di Beppe che, attraverso la tecnica del gibberish, canta e vocalizza suoni anglofoni e orientali su melodie e ritmiche beat-box, e fondendo il canto armonico tuvano e tibetano con melodie sardo-mediterranee. Il chitarrista Beppe Dettori svela alcune curiosità musicali legate a S’incantu ‘e sas cordas.
S’incantu ‘e sas cordas è un viaggio attraverso la musica e il canto della tradizione popolare sarda, celtica e sudamericana. I suoni della sua terra, la Sardegna, incontrano quelli anglofoni, orientali, latini e mediterranei. È un disco frutto di ricerca e sperimentazione musicale?
«Sì, un progetto di libertà espressiva. Alla base la tradizione che ispira la contaminazione musicale e linguistica. Un omaggio al vibrare delle corde dell’arpa, della chitarra e delle corde vocali. Il suono delle corde vocali è dato dalla diversità linguistica. Perciò esaltare il suono vocale ha fatto sì che mi cimentassi su linguaggi differenti».
Come è nata la collaborazione con l’arpista Raul Moretti?
«Da affinità musicali, caratteriali, umane ed artistiche. Siamo amici da quasi 10 anni e rispettiamo le nostre entità spirituali in modo onesto e costruttivo».
Nei due brani S’incantu I e II, il canto armonico tuvano e tibetano si intrecciano con sonorità sarde-mediterranee. Quando è scaturito in lei l’interesse per la cultura tuvana e tibetana?
«Verso la fine degli anni ’90 cominciai ad incuriosirmi sulle similitudini musicali tra Sardegna, Grecia, Turchia, medio-oriente ed estremo oriente. Ascoltavo musica in modo compulsivo per trovare ispirazione nella composizione di brani pop (facevo il compositore per la EMI publishing) e incontrai Nusrat Fateh Alì Khan, il canto mongolo e tuvano e il buddismo e suoi mantra. Fu da allora che iniziai questo percorso di conoscenza senza fine in assenza di ego pur esaltando lo stesso».
Star of county down è un tripudio di musica folk irlandese e sarda. È stata una rivisitazione coinvolgente!
«C’è molta attinenza musicale tra Irlanda e Sardegna che pareva quasi scontato realizzare un brano che sposasse le due culture. In realtà alcuni strumenti come le launeddas che producono un suono come le cornamusa britanniche fan riflettere su come siano così simili e pur distanti geograficamente».
Trittico in omaggio a Maria Carta è un mix di tre brani di musica folk tradizionale sarda, un tributo a Maria Carta. Cosa rappresenta questa cantautrice per la Sardegna?
«Maria Carta assoluta icona della vocalità femminile sarda è stata la prima innovatrice nel contaminare la tradizione musicale della Sardegna. Il trittico vorrebbe essere una suite progressive con contenuti fortemente spirituali».
Il legame inscindibile con le sue radici è fonte di ispirazione artistica?
«Assolutamente sì, non potrei scinderle da me nel momento in cui faccio questo tipo di percorso di ricerca. Se dovessi comporre una pop song cercherei ispirazione nei Beatles».
Quale tra i brani rimaneggiati ha richiesto particolare impegno a livello musicale?
«Il trittico in omaggio a Maria Carta, ma continuerei dicendo tutti i brani e nessuno allo stesso tempo. Tutti perché tecnicamente molto impegnativi e nessuno per la goduria immensa nel suonarli e cantarli».