Back Through The Liquid Mirror è il titolo del nuovo lavoro discografico di Corde Oblique, pubblicato da Dark Vinyl Records, distribuito in Italia e in tutto il mondo. La formazione partenopea capitanata da Riccardo Prencipe per realizzare il disco, si è riunita per un giorno negli Splash Studio di Napoli, ripercorrendo la propria storia e rivisitando numerosi brani, all’insegna di un progressive-ethereal-neofolk spontaneo e vigoroso, con due sorprendenti cover di Anathema e Sepultura.
Back Through The Liquid Mirror, una nuova fotografia musicale segna il vostro ritorno sulle scene. Ci parlate un po’ di questo nuovo lavoro discografico?
«È stato un lungo respiro, una sorta di pranayama in cui cerchi di guardarti dentro, di ripensare a quello che hai fatto. Abbiamo scelto di realizzare questo lavoro per la prima volta con un mixaggio completamente analogico, per salvaguardare il calore e la verità del suono. Anche le riprese e l’esecuzione sono state tutte un vero “live”, con la qualità del suono dello studio. Abbiamo cercato il meglio delle due cose».
Cosa rappresenta per voi Back Through The Liquid Mirror?
«Una pausa per ripartire. Tutti noi siamo sempre presi dalla smania del nuovo, ma spesso ribadire gli stessi concetti a distanza di tempo ti stimola in modo positivo, ti rinnova, ti ravviva. Si tratta anche di tirare un po’ le somme dopo un bel po’ di anni di attività».
Chi sono oggi i Corde Oblique a distanza di 13 anni?
«Sicuramente una nuova band, ma soprattutto una band. Nonostante proseguiremo nel cambiare tante carte in tavola con tantissime collaborazioni diverse, abbiamo una formazione live piuttosto rodata, con carattere e personalità. Sentiamo un forte senso di interplay che abbiamo voluto far sentire anche al nostro pubblico, spesso geograficamente distante, che non può sempre venire ai nostri».
I Corde Oblique si sono riuniti per un giorno negli Splash Studio di Napoli e hanno reinterpretato i classici del proprio repertorio attraverso lo “specchio liquido” del presente, tutto d’un fiato, registrando e filmando la performance. Come avete scelto i brani?
«Si tratta di brani he eseguiamo abbastanza spesso dal vivo, la scelta è stata piuttosto spontanea. È stato anche un modo di fare una nuova raccolta dei nostri brani più rappresentativi, e permettere a chi non ci conosce di avere una panoramica su di noi».
Nell’album anche due cover di Anathema e Sepultura, come mai questa scelta?
«Da sempre scegliamo di riproporre brani in una veste diversa da quella originale. Ci sono due modi di intendere una “cover”: uno è quello di imitare, puntando a renderlo certosinamente simile all’originale. L’altro modo è invece quello di provare ad eseguirlo mischiandolo al proprio carattere, alla propria temperatura sonora. È questa seconda via che perseguiamo».
Il vostro lavoro è sempre stato molto apprezzato anche all’estero. Prossimamente sarete al Nanshan Music Festival di Shenzhen in Cina e all’Amphi Festival di Colonia. Com’è il vostro rapporto con il pubblico?
«Il rapporto col pubblico è quello che rende vivo il nostro mestiere. In Cina il rapporto col pubblico è splendido e caloroso. Stessa cosa per la Germania, anche se stiamo parlando di due realtà molto diverse, sono però due realtà vive e ricche di fermento e di curiosità».
Avere la possibilità di proporvi ad un pubblico più ampio, a livello internazionale, in cosa ha contribuito nel vostro percorso artistico?
«Purtroppo al momento l’Italia è una terra arida per il nostro genere, e non solo. Magari per chi suona generi assai diversi (Pop, Trap e Rap soprattutto) la situazione è diversa. Per noi “altri” è una parete su cui la palla da gioco non rimbalza. Questo è triste, ma per fortuna le isole felici non mancano anche in questa terra in cui oggi impera il nichilismo, l’ignavia culturale e la cultura del copia e incolla. Molti appassionati di musica – anagraficamente più maturi – spesso hanno smesso di cercare, sono convinti di avere in casa tutta la discografia seminale del mondo; molti teenager invece sono omologati in quella che definisco la cultura della “nonscelta”: non si cerca, si segue la scia, mi chiedo dove li porterà. Quando poi nella nostra terra scopro persone e realtà diverse, che mi dimostrano che non è sempre così, sono felice dentro. Spero che queste realtà isolate prolifichino bene».