Artuto Brachetti, l’uomo dai mille volti, capace di trasformarsi in mille personaggi, sul palco della 21esima edizione del Premio Massimo Troisi ha presentato il suo spettacolo-intervista dal titolo “Artuto racconta Brachetti”. Il poliedrico artista, attraverso delle domande rivolte dal pubblico presente, accompagna i presenti dietro le quinte della sua vita, parlando dei suoi debutti, dei viaggi intorno al mondo, della vita quotidiana, delle “mille arti” in cui eccelle e altro ancora.
Com’è nata l’idea di portare in scena “Arturo racconta Brachetti”?
«Dopo aver passato anni con la gente che mi chiedeva di come fosse arrivata l’idea del ciuffo, o del come facessi a cambiare abito, ho deciso di rispondere a tutte queste domande con questo talk “Artuto racconta Brachetti”. È una sorta di intervista con domande che pone direttamente il pubblico. Le domande sono quasi sempre le stesse, ma alle mie risposte cerco di aggiungere dei particolari in più che appartengono alla mia vita».
Questo spettacolo-intervista va avanti già da qualche anno. Durante il periodo della pandemia ha apportato delle modifiche?
«Duramente questo periodo di pandemia, ho avuto modo di fare delle applicazioni tecniche, infatti ho inventato un pezzo che propongo verso la fine, in cui dipingo omaggiando dei cantautori italiani»
Quali sono i momenti della giornata in cui si sente più creativo, in cui elabora le sue idee per poi portarle in scena?
«Io sono più creativo di notte perché sono un vampiro. Vado a dormire alle 3, alle 4. Verso mezzanotte mi metto a far ginnastica. Sono abituato a questi orari, proprio come quando vado in scena, dove dalle 21 alle 23 sono sul palco, poi vado a cena, quindi il mio lavoro, anche quello in cui sviluppo nuove idee, si svolge prevalentemente nelle ore notturne»
Quali saranno i suoi prossimi progetti?
«Da ottobre a dicembre riprenderemo con lo spettacolo “Solo”. Inoltre sto cercando di fare anche altre cose, come dei podcast su delle storie teatrali, un musical, delle cose proprie diverse dal mio repertorio. A me piace esplorare nuovi campi, perché sono molto curioso. Ad esempio da circa due mesi sto prendendo delle lezioni di canto e non sono proprio male».
Che ricordo ha di Massimo Troisi?
«Ho un ricordo più che altro televisivo, poiché non l’ho mai conosciuto personalmente. Troisi era un comico irruente, che rompeva gli schemi. Anche scuola comunicavamo attraverso le sue esilaranti battute, il suo linguaggio. Poi, quando è diventato grande interprete e regista dei suoi film, l’ho apprezzato ancora di più. Per me è un onore essere al Premio Massimo Troisi perché lui era un artista vero. La cosa che mi accomuna a Massimo è che siamo arrivati dal nulla, come tanti artisti, facendo gli spettacolini nei varietà, nei cabaret, nei piccoli teatri. Quello ricordo in particolare di lui era il perfezionismo nel suo lavoro».