Un film impegnato che racconta l’Alzheimer in modo poetico
Presentata alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, “Quel posto nel tempo”, la pellicola del regista Giuseppe Alessio Nuzzo con protagonista Leo Gullotta è uscita nelle sale. Un film toccante e impegnato che racconta con acume, delicatezza e poesia, una malattia insidiosa, subdola, neurodegenerativa, che porta alla perdita progressiva della memoria, l’Alzheimer. Leo Gullotta nel film si conferma un attore eccelso, affiancato in modo magistrale da Giovanna Rei, Beatrice Arnera, Erasmo Gensini, Tina Femiano, Gigi Savoia e Tomas Arana. “Quel posto nel tempo”, un film drammatico su una tematica sociale, è tratto dallo sviluppo del cortometraggio “Lettera a mia figlia”, vincitore della menzione speciale ai Nastri d’Argento, primo premio al Giffoni Film Festival e di 140 riconoscimenti in tutto il mondo.
«L’Alzheimer è una malattia che ho vissuto da vicino- racconta il regista Giuseppe Alessio Nuzzo-mia nonna purtroppo ne era affetta. È una malattia degenerativa che fa peggiorare gradualmente. Ho visto mia mamma, come caregiver, donare la sua vita e sacrificarsi per sua madre. Il film rappresenta un viaggio che mi ha coinvolto, un percorso che ho fatto con me stesso. E sono felice di aver lavorato con Leo Gullotta, un uomo dotato di umanità, di grande sensibilità, un attore straordinario».
Il protagonista del film Mario (Leo Gullotta) è un direttore d’orchestra, un musicista di fama, in pensione, che soffre di Alzheimer ed è assalito dalla preoccupazione e dalla paura che la malattia possa cancellare il suo passato. La malattia nel film rappresenta la metafora di un viaggio nel tempo e nella mente del protagonista. La realtà si confonde con l’immaginazione, tra flashback e visioni immaginarie.
Il protagonista nella sua mente crea un posto nel tempo dove poter ritrovare i suoi affetti. Mario vede riemergere ricordi dal passato lontano, si rivede bambino mentre suonava il violino e rivive i momenti felici con sua moglie Amelia (Giovanna Rei), morta quando era incinta.
“Quel posto nel tempo” racconta il dolore per la perdita e l’amore capace di superare la barriera creata dalla malattia; narra dell’amore di Mario nei confronti di sua figlia Michela (Beatrice Arnera), e di quel senso di colpa che lo dilania per averla trascurata, inseguendo la sua carriera, scegliendo la musica, per cercare di placare il dolore causato dalla morte della moglie. E al tempo stesso parla dell’amore della figlia Michela nei suoi confronti.
«L’Alzheimer è il fil rouge di questa storia – commenta Leo Gullotta– che affronta diverse tematiche, come i diritti dell’ammalato, la solitudine dell’individuo, il dolore di un uomo, il conflitto dominante tra genitori e figli. Il malato di Alzheimer perde lentamente la memoria. La chiave fondamentale è il rispetto della dignità dell’ammalato. I malati di Alzheimer hanno bisogno di amore. Il protagonista del film, Mario, si ritrova ad affrontare la paura per la sua malattia e ritorna a Napoli per riappropriarsi delle sue radici, della sua memoria, cercando di risanare quel legame con la figlia, che alla fine gli starà accanto con amore. Il mio personaggio Mario mi ha dato la possibilità di immergermi e di trasmettere allo spettatore la disperazione e quel bisogno d’amore».
“Quel posto nel tempo” scuote ed emoziona lo spettatore: «Il film è un pezzo di realtà costruito tra passato, presente, tra angosce, paure, solitudine e piccole gioie – continua Gullotta – quando lo vediamo da spettatori ci apre dei cassetti che avevamo chiuso. Ci sentiamo coinvolti e cerchiamo anche noi di ritrovare nell’anima quel posto nel tempo».
Realizzato con il supporto del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Padova, il film è il risultato di 5 anni di studi, ricerche ed interviste da parte del regista Nuzzo coadiuvato da un’équipe di esperti e scienziati.
«La pellicola è un percorso onirico caratterizzato da quattro assi narrativi – chiarisce il regista Nuzzo – un passato reale, un presente reale, un presente immaginario ed un futuro immaginario. Secondo quanto hanno confermato gli scienziati dell’Università di Padova, con i quali ho collaborato per la scrittura della sceneggiatura, quando un paziente affetto da Alzheimer ha avuto una vita impegnata in un’attività creativa, nel corso della malattia tende a crearsi un mondo parallelo. Attraverso le mie ricerche ho realizzato il cortometraggio “Lettera a mia figlia”, il documentario “Manuale sull’Alzheimer” ed infine il film. Ho incontrato uno dei massimi esperti in Italia di Alzheimer, il professor Marco Trabucchi, ho parlato con i pazienti, li ho intervistati. È stato un progetto che mi ha gratificato tanto per quanto concerne l’aspetto scientifico».
“Quel posto nel tempo” enfatizza la correlazione tra musica e memoria e vede il contributo musicale degli allievi del Conservatorio di Rovigo insieme ad Adriano Aponte, coordinati dai vincitori del David di Donatello, Marco Biscarini e Luca Leprotti, che hanno approfondito la ricerca della malattia sull’aspetto sonoro e musicale. Secondo il parere di esperti in neurologia, la musica fa riaffiorare ricordi ed immagini. E nel film è decisamente significativa la scena in cui Mario ripensa alla serata a teatro per assistere all’opera lirica di Orfeo ed Euridice composta da Christoph Willibald Gluck.
“Quel posto nel tempo” colpisce ed affascina, inoltre, per le bellezze del patrimonio storico e architettonico delle città in cui è stato girato, come Piazza del Plebiscito a Napoli, la Reggia di Caserta e la Reggia di Portici. E parlando proprio della sua esperienza a Napoli Gullotta sostiene: «Sono felice di essere tornato ancora una volta a Napoli, una città di cui sono cittadino onorario. Una città che mette il peperino quando ci stai».
Il film è stato scritto da Nuzzo con Eitan Pitigliani, prodotto da Eduardo e Giuseppe Angeloni per An.tra.cine., in associazione con Ferone Pietro & C., con il supporto della Regione Campania e Film Commission Regione Campania e distribuito da Nexo Digital.