É stato presentato alla Festa del Cinema di Roma il film C’è ancora domani, per la regia di Paola Cortellesi, con protagonisti la stessa Cortellesi e Valerio Mastandrea, in uscita nelle sale dal 26 ottobre.
Moglie, madre: questi sono i ruoli che definiscono Delia (Paola Cortellesi) moglie di Ivano e madre di tre figli. Siamo nella seconda metà degli anni 40 e il film racconta di una famiglia media che vive in una Roma divisa tra la spinta positiva della liberazione e le miserie della guerra da poco alle spalle.
Ivano (Valerio Mastandrea), il capofamiglia, lavora duro per portare i pochi soldi a casa e non perde occasione di sottolinearlo, a volte con toni sprezzanti, altre, direttamente con la cinghia; in casa rispetta solo quella canaglia di suo padre, il Sor Ottorino (Giorgio Colangeli), un vecchio dispotico di cui Delia è a tutti gli effetti la badante. L’unico sollievo della donna è l’amica Marisa (Emanuela Fanelli), con cui condivide momenti di leggerezza e qualche intima confidenza.
É primavera e tutta la famiglia è in fermento per il fidanzamento della primogenita Marcella (Romana Maggiora Vergano), che invece spera solo di sposarsi in fretta con un bravo ragazzo di ceto borghese, Giulio (Francesco Centorame) per liberarsi finalmente di quella famiglia imbarazzante. L’arrivo però di una lettera misteriosa potrebbe far cambiare tutto.
Soggetto e Sceneggiatura di Furio Andreotti, Giulia Calenda e Paola Cortellesi. Nel cast del film: Romana Maggiora Vergano, Emanuela Fanelli, Giorgio Colangeli e Vinicio Marchioni. Il film è prodotto da Mario Gianani e Lorenzo Gangarossa per Wildside, società del gruppo Fremantle, e Vision Distribution, società del gruppo Sky e sarà nelle sale dal 26 ottobre distribuito da Vision Distribution.
«L’idea del film – racconta Paola Cortellesi – È nata dalla voglia di raccontare le storie delle persone che hanno vissuto nell’immediato secondo dopoguerra, storie che ho appreso dai racconti dai veterani della mia famiglia: le nonne, ma anche le zie, i miei genitori. In quei racconti c’erano gioie e dolori delle vite che avevano incrociato: i parenti, i vicini di casa, le comari nel cortile, i bambini in strada. Storie drammatiche, divertenti, paradossali, a volte tragiche. In ognuna di esse c’erano donne comuni che avevano accettato una vita di prevaricazioni perché così doveva essere, senza porsi domande. Desideravo raccontare questa disillusione – in un’epoca in cui i diritti femminili erano pressoché inesistenti- e insieme la nascita di una consapevolezza, un germe spontaneo, nella vita di una donna qualunque. Insieme a Giulia Calenda e Furio Andreotti, abbiamo immaginato la storia di una donna comune di quell’epoca».
«Lo sguardo che Paola ha scelto per trattare il tema del film – commenta Valerio Mastandrea – è la scommessa più grande che potesse fare e sentire che potevo aiutarla mi ha lusingato. Credo che mi abbia voluto accanto nella sua opera prima per una ragione puramente antropologica. E cioè non perché mi consideri un attore particolarmente versatile e talentuoso ma semplicemente perché ridiamo nello stesso modo e delle stesse cose. Questo ci permette di guardare e di stare dentro quello che facciamo come fanno due primati dello stesso gruppo. L’istinto alla leggerezza, che spesso fa scopa con la improvvisa pesantezza che uno riversa sui parenti più prossimi, è quello che matura chi, come noi, negli anni 90 in pieno edonismo post reganiano era inadeguato quasi a tutto per goffaggine, timidezza e chi più ne ha più ne metta. Insomma, la colpa della nostra presenza sulla scena italiana in tutti questi anni non è la nostra, ma di chi si sentiva molto più sicuro di noi negli anni della giovinezza».