Antonio Maggio è in un momento importante della sua carriera. Il singolo L’Amore Pop lanciato in queste settimane è l’assaggio del suo terzo album da solista, che uscirà nei primi mesi del 2017. Da quello che abbiamo sentito, crediamo fortemente che questo sarà il disco che lo imporrà come cantautore di spessore tra la nuova generazione di artisti pop italiani. Abbiamo incontrato l’ex cantante degli Aram Quartet per farci raccontare le sue ultime avventure pop.
Che cos’è per te Amore Pop?
«È un sentimento impersonale, grezzo, che ha bisogno delle cure del tempo per potersi affinare, per poter diventare unico e incorruttibile. È anche una mezza provocazione, sono le due parole che atipiche se messe assieme».
Credi che la tua scrittura si stia evolvendo?
«Se ascolti le mie canzoni entri nel mio luinguaggio, ci sono ancora tutte le immagini a cui sono legato, come quando in questo singolo canto “sguardi appesi nel Louvre finché nessuno li ruberà”. Credo di essere un cantautore pop tutte accezioni positive, popolare come parola è bistrattata ma ha una grande dignità, è un pregio arrivare a tutti. Mi sono creato da solo la mia scrittura perché ero con gli Aram Quartet non avevo scritto granché, poi sai che a X Factor ci si cimenta soprattutto con cover. L’input mi è venuto quando gli Aram si sono sciolti, ho scritto un’infinità di canzoni ed è iniziata una fase di crescita».
Come nascono le tue canzoni?
«Compongo al piano, non necessariamente prima delle parole. Nella maggior parte dei casi mi viene una melodia e la registro al cellulare e poi la fisso al piano».
Sei nel business da un po’, com’è la tua visione della musica italiana?
«Avendo avuto diverse esperienze sia artistiche che di case discografiche, da Sony a Rusty Records con Sanremo, poi la Universal e ora Mescal, credo di aver trovato la mia giusta collocazione nell’industria discografica. Alla Mescal hanno fatto la storia della musica italiana per quello che hanno rappresentato gli Afterhours, i Bluvertigo e i Subsonica. Valerio Soave, che è il fondatore, tratta gli artisti con rispetto e voglia di collaborazione che non ho trovato con nessuno prima, è il segreto del successo di Mescal, credo».
Cosa manca oggi nel panorama pop?
«Lavorare con l’unicità in un periodo storico dove c’è omologazione di canzoni, oggi si sfornano dei dischi come se fossero panini. Bisognerebbe tornare a fare i dischi quando c’è qualcosa da dire. Per questo abbiamo deciso di rilasciare un singolo prima e riannodare un discorso col pubblico, è come un antipasto di un cambiamento importante per me. Un Antonio Maggio 2.0 più intimo e riflessivo. Prima ero più ironico ma ora è arrivato il momento di far conoscere un’altra faccia, oggi che ho 30 anni».
Con chi stai lavorando?
«Davide Maggioni era produttore dei primi due dischi da solista, ora sono con Diego Calvetti e sentirete una differenza che porta stimoli. Vado a registrare nel suo studio in Toscana che è un posto davvero fuori dal mondo. Da sei mesi la mia unica preoccupazione è fare un bel disco, voglio che la gente consoca tutte le mie sfumature da aprpezzare in tutte le tracce».
Sai che se dici che uscirà a inizio 2017 tutti penseranno a Sanremo?
«Ovviamente mi piacerebbe tornare sul palco dell’Ariston che è il mio nido oltre a essere il palco più importante della musica italiana. E quelli che dicono il contrario mentono a se stessi. Magari accadrà più avanti».