Con le rappresentazioni al Teatro Mercadante di Napoli da mercoledì 26 marzo a domenica 6 aprile si chiude la tournée dello spettacolo Antonio e Cleopatra con la regia di Luca De Fusco. Dopo Roma, Milano, Bologna, Genova, lo spettacolo ritorna sul palcoscenico dove debuttò a giugno del 2013 al Napoli Teatro Festival Italia, nell’ambito della Stagione 2014 del teatro di Piazza Municipio. Ne sono protagonisti, nei ruoli dei due personaggi che titolano la tragedia, Luca Lazzareschi (Antonio) e Gaia Aprea (Cleopatra), accompagnati da Paolo Cresta (Demetrio), Stefano Ferraro (Agrippa), Serena Marziale (Carmiana), Giacinto Palmarini (Cesare Ottaviano), Alfonso Postiglione (Messaggero e Contadino), Federica Sandrini (Iras e Ottavia) Gabriele Saurio (Mecenate), Paolo Serra (Enobarbo e Mardiano), Enzo Turrin (Eros e Lepido), e la partecipazione video di Eros Pagni (Indovino). Le scene sono di Maurizio Balò, i costumi di Zaira de Vincentiis, il disegno luci di Gigi Saccomandi, le musiche originali di Ran Bagno, il suono di Hubert Westkemper, le coreografie di Alessandra Panzavolta.
La pièce continua l’indagine scenica della produzione più recente del regista, con un allestimento di forte impatto visivo che incrocia teatro, cinema e musica, giocati ad esaltare la potenza della parola.
«Con questo spettacolo – dichiara Luca De Fusco – proseguo un lavoro già avviato con Vestire gli ignudi nel 2010 e con Antigone nel 2012 che persegue un intenso uso della commistione teatro/video e che punta ad un radicale rifiuto del naturalismo. Credo che il teatro non sia più competitivo con il cinema e la tv nel realismo mimetico. E che quindi non abbia più senso condurre regie basate su porte che si aprono e si chiudono, attori che si muovono sulla scena come nella vita, o, nel caso in questione, addirittura di navi che compaiono in scena come in un kolossal. Credo che attraverso l’uso combinato di immagine video e grande presenza della musica (anche quest’anno dovuta al talento originale di Ran Bagno) si possa realizzare un teatro molto moderno che in realtà si richiama alle sue origini, in cui gli attori non si muovevano naturalisticamente, ma “dicevano” il testo, accompagnati dalla musica. Dopo aver realizzato questo stile già in Antigone ho voluto intraprendere la sfida di tentare di mettere in scena in questo modo un copione ritenuto ai limiti dell’irrappresentabile come Antonio e Cleopatra. D’altra parte tentare di mettere in scena questo capolavoro assoluto, metafora del rapporto tra Oriente e Occidente, del contrasto tra vita privata e pubblica, senza mostrare né navi, né regge, ma solo la parola shakespeariana, mai come in questo caso grande e iperbolica e quindi non bisognosa di nessun altro segno esteriore, vuol dire in fondo ritornare a Shakespeare, che immaginava realizzazioni sceniche sobrie e suggestive per le proprie opere. Questa grande scommessa, che, a giudicare dalle reazioni di pubblico e critica sembra vinta, è stata possibile solo grazie al grande talento, alla grande disciplina, alla formidabile concentrazione dei miei attori».