Antonello Cossia una carriera straordinaria tra danza, musica, teatro, cinema. Tutto comincia con la danza, ci parla dei suoi esordi?
Ho iniziato lo studio della danza contemporanea nel 1984, grazie ad un’audizione che Gabriella Stazio aveva organizzato per introdurre nella compagnia Movimento Danza, allora agli esordi, dei performers maschi. Venivo dall’atletica leggera (sono campione regionale dei 3000 siepi ai giochi della gioventù del 1979/80). Superai l’audizione e nel 1985 con lo spettacolo – Animali Incantati – partecipai al festival internazionale del balletto a Nervi. Poi emigrai a Parigi dove sono rimasto due anni, frequentando stages e seminari con vari maestri, tra cui Hans Zullig maestro-trainer della compagnia di Pina Bausch nelle lunghe permanenze in tournée.
Soprattutto ha avuto la fortuna di lavorare per tanti anni con Antonio Neiwiller, questa esperienza è importante da conoscere e spesso lei partecipa ad incontri per raccontarla. Ce ne parla?
Nel 1988 partecipo ad un seminario con Antonio Neiwiller all’istituto Grenoble e resto con lui fino all’anno della sua scomparsa nel 1993. Viaggio insieme con il primo, vero, profondo maestro, fondamentale per la mia ricchezza professionale/spirituale: dalla – Fondazione del laboratorio itinerante, prodotto da TEATRI UNITI che nasceva allora, fino all’ultimo spettacolo, Canaglie, di cui è andata in scena solo una prova generale al teatro Galleria Toledo. Anni di grande intensità, condivisione e ricerca tra vita, poesia, pittura e teatro. Vero e proprio artigianato totale della scena.
Tanti altri incontri importanti hanno caratterizzato il suo percorso, quali ricorda in maniera particolare?
Incontri di altissimo livello misti ad un affetto e un legame da soldati in trincea: il mio secondo maestro Renato Carpentieri, poi Mario Martone, Toni Servillo, Alfonso Santagata, Marco Baliani, Andrea Renzi, fino al caro Massimo Luconi con cui sto provando, ‘O tuono ‘e marzo, che debutterà ad aprile al San Ferdinando. Amici, registi, compagni di viaggio come Ninni Bruschetta, Claudio Collovà, Cristina Pezzoli, fino alla ostinata, decisa, energetica, affascinante Lara Sansone che mi ha affidato uno dei ruoli che nella mia carriera mi ha investito di una responsabilità veramente grande: Giulio Genoino nel Masaniello di Porta Pugliese.
Con Di Florio e Veno che tipo di spettacoli ha realizzato?
Il periodo di creazione, esistenza e fratellanza siglato con la firma artistica Cossi-DiFlorio-Veno, è stata una altissima vetta lavorativa, non ancora superata o raggiunta, dal punto di vista artigianale, interiore, affettivo. Un momento di condivisione virale, per dirla con Artaud, in cui le vite di Raffaele Di Florio, Riccardo Veno e la mia si sono fuse in un unicum, il cui effetto si è materializzato in dieci anni di progetti, sogni e utopie spesso realizzate e di grande impatto.
Non si fatto mancare il cinema…
L’avventura con Morte di un matematico napoletano, origina il mio appassionato, spesso non corrisposto rapporto con il cinema: Il verificatore, Teatro di guerra, Noi credevamo, fino a Song’ ‘e Napule e Ammore e malavita, degli avventurosi, simpaticissimi, geniali fratelli Manetti.
A cosa si sta dedicando?
In questo periodo sono impegnato come ho già detto, con le prove dello spettacolo – ‘O tuono ‘e marzo per la regia di Massimo Luconi che debutterà il 16 aprile al teatro San Ferdinando. Attendo l’uscita di un film in primavera, Le seduzioni dell’inverno, per la regia di Vito Zagarrio, con Andrea Renzi protagonista, terrò un laboratorio per attori e danzatori nella prossima edizione del Napoli Teatro Festival. Continuo l’attività di collaborazione e scuola di teatro con il teatro Tram di Mirko De Martino, felice e produttiva esperienza che va avanti da tre anni, tante altre cose sono in via di progettazione ed ideazione. Termino questa chiacchierata dicendo: Coronavirus vai via, abbiamo tante cose belle da fare.