Rigorosamente scandite come le rime di una poesia o come i pesanti passi del tempo, Antonella Scala parla delle sue opere: “i miei lavori sono figli dell’erosa terra del napoletano, precisamente emergono come il magma vesuviano”. Pittrice, fotografa, ceramista, operatrice per minori a rischio, ambientalista, firma semplicemente le sue opere, con A. Scala, attraverso le quali denuncia i soprusi perpetrati da mani ingorde e violente sulla sua terra natia, come in “Mani Vesuviane”, un’opera creata insieme all’artista pompeiano Ciro Segreto, che ha avuto un forte impatto sociale a livello nazionale. Donato Conenna, il critico d’arte ha premiato e decantato l’artista per il suo impegno sociale e artistico, dice di lei: «giunge a soluzioni fattuali “moderne” (come il vaso “smerlato”, che non perdono la loro icastica antica, ma assumono una parvenza modellata su stilemi personalissimi».
Come e dove è nata la tua passione per l’arte?
«Non saprei individuare un momento preciso, forse le lunghe e frequenti passeggiate negli Scavi di Pompei da ragazzina.»
Quando hai cominciato a vederti come un’artista?
«Artista è una parola grossa. Preferisco definirmi un’ambientalista che materializza pensieri.»
La tua tecnica pittorica preferita?
«L’olio, anche se non disdegno le tecniche miste, come la tempera su malta e tavola.»
Da dove prendi l’ispirazione per le tue opere?
«Nascono dalla profonda frustrazione di vivere in un territorio martoriato dall’inquinamento. A modo mio sento l’esigenza di rappresentarlo. Parlo del Sarno e della Petra Herculis (ndr scoglio di Rovigliano), del litorale e del Vesuvio.»
Quali temi tratti nelle tue opere e perché? Come definiresti la tua arte?
«Il tema principe è l’acqua, sono partita da qui perché il mio soggetto primario, la mia idea fissa, è il fiume Sarno e il litorale torrese-stabiese. La loro salvaguardia, la loro bellezza, il fascino storico hanno fatto si, che me ne innamorassi per sempre. In seguito si è aggiunto l’elemento del fuoco. Ne ha fatto da padrone, in questo, la maledetta vicenda che tutti conoscono della discarica Sari aperta nel Parco Nazionale del Vesuvio. Definirei la mia arte a scopo sociale, per sensibilizzare le masse contro un potere patrigno che ci vuole schiavi di noi stessi e della nostra (loro) “munnezza”. Insomma, la mia denuncia sociale vorrebbe essere una presa di coscienza seria che influenzi il modo di vivere quotidiano.»
È vero che l’artista deve reinventarsi ogni giorno?
«Altroché se è vero!»
Ti ricordi del tuo primo lavoro?
«Certo, un vassoio di ceramica. Tecnica a lastra, con un serpente centrale dipinto e, poi cristallizzato.»
Quali artisti ammiri e che ti hanno maggiormente influenzato?
«Da sempre mi ha affascinato Van Gogh, ma anche Picasso e Antonio Gaudì e Pasolini. Mi piace molto la corrente dell’Environmental art, anche se non seguo proprio le loro orme. Le pareti affrescate di Pompei poi, sono state nel mio immaginario, un vero tuffo d’arte ogni qualvolta mi sentivo sola.»
Esiste nella tua pittura un filo conduttore, un denominatore comune?
«La quotidianità dell’inquinamento in Campania, del malaffare diffuso nelle genti e nelle menti.»
Vedendo un quadro si riesce a capire se è stato realizzato da un uomo o da una donna?
«Non sempre, l’arte non ha sesso.»
Sei anche fotografa, quanto ha influenzato sulla pittura e viceversa?
«Molto, poiché amo molto fotografare la natura e le sue tante variegate sfaccettature. È normale che ne venga ispirata, adoro fermare i momenti o gli oggetti o i panorami, e, anche le persone.»
Parlami di Mani Vesuviane, che ha avuto un grande riscontro…
«Mani Vesuviane ha avuto un forte riscontro più emotivo e sociale, invece di successo artistico. Queste tre grandi tele che rappresentano le mani in alto di un popolo martoriato e distrutto da chi, invece, avrebbe dovuto difenderci, ha sortito nelle persone un forte coinvolgimento, perché in molti, si sono sentiti partecipi nel lavorare sul campo con noi. Una denuncia diversa, realizzata durante una manifestazione storica Dalla Val di Susa a Terzigno. Due popoli storicamente diversi, ma uniti dallo stesso fattore: difendere la propria terra. Noi il Vesuvio, loro una Valle.»
Sei anche ceramista?
«Sì, plasmare l’argilla o decorare maioliche, mi appassiona molto.»
Uno lavoro che richiede molta manualità e non solo…
«Moltissima manualità, fantasia, competenza e naturalmente un forno.»
Hai un tuo laboratorio personale?
«Ho un piccolo laboratorio a Messigno, quartiere periferico di Pompei.»
Puoi parlarci della tua esperienza con Lucio Dalla?
«Lucio Dalla da sempre nel mio cuore. Fu una trasgressione mentale vederlo entrare nel laboratorio. Ho avuto l’onore di lavorare per lui e con lui nel laboratorio vietrese di Solimene Ceramiche. Credo fosse nel 2006 e lui da bravo napoletano mancato, parole sue, girovagava spesso per Napoli e dintorni in quel periodo. Voleva dipingersi da solo alcuni vasi e, fare l’esperienza del tornio. Inutile dire che è stato molto difficile la concentrazione per me.»
A cosa stai lavorando adesso?
«Ad un ritratto per un maestro di danza famoso.»
Progetti futuri?
«Il futuro è nero per l’arte e per gli artisti emergenti, incrociamo le dita!»