Perché è sempre alta la canzone quando si riempie di vita e di semplicità. E pensando ad un artista cantautore come Andrea Tarquini c’è sempre quell’intenzione di cercare nel suono soluzioni chitarristiche assai gustose e per palati fini. Ma in fondo questo nuovo disco dal titolo “In fondo al ‘900” dedica meno spazio del solito alle sei corde e invece una pregiata canzone come la title track sorprende (si fa per dire e sempre pensando alle abitudini che abbiamo di lui) un pianoforte elegantissimo e di morbidissima quiete. Sono sensazioni che come sempre mettiamo a nudo dopo l’ascolto di un disco che di certo non pensa all’estetica ne si fa questo un problema sul tema…
All’indomani di un Tenco sfiorato e non raggiunto. Partiamo da questi angoli vivi e forse urticanti. Cosa ne pensi?
Sarei falso se ti dicessi che non mi sono incazzato come un puma a vedere che quasi ovunque hanno vinto artisti prodotti dalle major… è il lato emozionale delle cose…e sarei anche falso se nascondessi il fatto che sono una collezione vivente di cinquine Tenco, però poi c’é l’altro lato della medaglia, il bicchiere mezzo pieno. Aver preso più voti dell’amico Tarek, essere ancora e con forza tra le cinque migliori canzoni scritte in Italia, beh non capita a tutti e vuol dire che faccio cose buone e che molti lo capiscono. Ecco, tornando alle parti deludenti trovo che a differenza di quelli che hanno vinto nella mia e nelle altre categorie, noi cantautori abbiamo un maggiore bisogno di vittorie e riconoscimenti perché siamo indipendenti.
Un terzo disco che sembra raccogliere molto della tua vita o quanto meno di quella che ti accade attorno. Quanto hai scritto per te e quanto per noi altri?
Mah direi che ho tentato sempre di scrivere per me e per voi allo stesso tempo, forse per me prima di tutto e poi, in seconda battuta mi sono chiesto quali potessero essere le reazioni.
Interessante la copertina del disco. Il gusto “vintage” di un certo modo di pensare ai suoni si rompe contro l’allegoria “futurista” di questa immagine. Una rottura che mi coglie impreparata e mi stupisce anche. Come nasce?
“La bambina” è un’opera di Alfred Drago Rens, un artista visuale che vive a Milano. Lei è triste ma anche spocchiosa, ha un’aria di sfida. A seconda degli interventi che Alfred fa su questa foto esce di lei un carattere diverso. Nella mia copertina è più triste perché il ‘900 è anche un secolo di tragedie oltre che di grande cultura e formazione. Mi colpirono le sue opere e gli proposi questa collaborazione.
E altrettanto mi colpisce l’ultimo brano del disco. Quasi esce fuori dalla narrazione del tutto ma lo fa con grande coerenza. Sembra un commiato… da cosa se posso chiedere e se non sono fuori pista?
Beh, sono i titoli di coda, i saluti…volevo fare un brano fatto proprio come poi è venuto. E qui non posso non menzionare il grande violino di Eamon McLoughlin che grazie a Rob Stokes ci hanno dato quello che cercavamo insieme a Fabrizio “Cit” Chiapello che ha fatto un magistrale lavoro di produzione e mix.
E poi voglio sottolineare il brano strumentale. Qui si apre un altro modo di fare narrazione… e forse è grazie al gusto di Sax di Luca Velotti che mi sembra di tornare agli anni ’70 di Claudio Lolli… cosa ne pensi?
Più che Lolli devo dirti che il sax di Velotti non è la prima volta che appare in un mio disco. La prima volta fu nel mio primo disco dove inserii un mio brano proprio in uno strumentale all’interno della track list di canzoni di Stefano Rosso. Ho voluto mantenere questa “tradizione”.