Le sorprese non finiscono mai, e quando credi che uno strumento sia magnifico così com’è, per quello che può dare, incontri un giovane musicista italiano che di quello strumento ha una lettura mai vista prima. Un modo di concepire e sfruttare le sonorità proprie di un violino interfacciate con una sapiente tecnologia ed effettistica che non solo è sicuramente innovativa, ma che si può indubbiamente definire unica. È la sensazione di quando leggendo la lista degli ingredienti sei certo che quel piatto non può piacerti, anzi che proprio quel mix sia improponibile e quando poi lo assaggi ti chiedi come nessuno ci abbia pensato prima.e allora lo chef è Andrea Di Cesare e il piatto di oggi è il suo Big Bang.
Tanto per iniziare, descrivi Big Bang, che disco bisogna aspettarsi?
«Una novità sonora, stilistica e di espressione. Perchè per la prima volta c’è un disco nel quale il violino è assoluto protagonista,due volte, sia con il suono puro del violino, sia con il suono che il violino, come fonte, produce tramite una tecnologia ed una specifica effettistica. Questa è una novità sonora, ma anche un voler portare avanti una crescita dal punto di vista della tecnica e delle modalità espressive del violino stesso, così come si faceva per esempio nel 700 con i grandi maestri come Paganini e prima di lui Bach; senza voler sembrare presuntuoso, però ho fatto questo tipo dio ricerca ed è venuto fuori Big Bang.»
Il tuo uso del violino è molto singolare, lo fai diventare una volta chitarra, una volta basso, come ti è venuta questa voglia di sperimentare così tanto fuori dal coro rispetto ai suoni più convenzionali del violino?
«Sono vent’anni che lavoro con grandi artisti a teatro e quindi sono tanti anni che mi gira in testa questa idea figlia ovviamente della curiosità, della voglia di sperimentare cose nuove, magari con i primi effetti di vent’annni fa, per altri io suono 10 strumenti, quindi spesso era anche proprio la voglia di poter fare tutto con il violino; ho avuto occasione di sperimentare, per esempio, con Paola turci, come facciamo poi anche nel disco, in un tuor nel quale Paola cantava e suonava la chitarra e io con il violino facevo tutto il resto. E’ la curiosità che mi ha spinto a trovare poi un linguaggio tutto mio, nel senso che io mi sentivo stretto nell’involucro solo del violino,e quindi ho cercato di trovare un personalissimo linguaggio sfruttando la tecnologia, che per altro quando sono sul palco per me diventa un musicista la tecnologia, un musicista con cui mi rapporto.»
Il vostro progetto violino e batteria è veramente innovativo, come è nata questa idea?
«Sono un musicista che ha sempre sentito dentro il groove, ho sempre avuto un senso del ritmo molto sviluppato, sono uno che ha bisogno di muoversi, da sempre anche da ragazzino; poi ho fatto teatro e li ho avuto modo di esprimermi, di muovermi, insomma io sono uno in movimento costante, per cui per me l’accostamento migliore è con la batteria, perché mi da quel quid in più, è stato stimolante avere a fianco a me un batterista che potesse suonare come io avevo pensato le parti ritmiche. E’ nata diciamo per una mia esigenza interna.»
L’italia si sa è il paese del bel canto e il tuo disco, privo di cantanti(salvo le collaborazioni con Paola Turci e Nicolò Fabi) , è un esperimento coraggioso, probabilmente a resti avuto la vita più facile inserendo dei vocalist, la mancanza della voce ha uno scopo preciso?
«Bhe sai è vero l’Italia è il paese del bel canto, sopratutto nel senso che ci sono molti musicisti che si esprimono con il canto, io faccio la stessa cosa ma mi esprimo con il linguaggio della musica, che per altro è universale, compreso da tutti ovunque .E poi il disco ha l’ambizione di andare all’estero, per cui comunicare con il linguaggio della musica rende universale il messaggio così che si possa essere compreso da tutti.»
Il violino è uno degli strumenti classici per eccellenza, tu fai molto uso della tecnologia, come si interfacciano questi due mondi?
«Da ragazzino andavo al conservatorio e uscito da li di pomeriggio io andavo in cantina a suonare la batteria e suonavo i Metallica gli ACDC e dentro di me c’era sicuramente più questo tipo di mondo che quello classico. Il mondo classico va studiato perchè il violino è quello, l’approccio è quello classico, ma il linguaggio che volevo come mio, personale mi ha portato poi a costruire dentro di me questo tipo di possibilità, prendere una figura classica come il violino ma poi suonarlo in maniera stramoderna, anche per smontare un po il tabù che il violino sia solo classico o country o jazz, ma che il violino può essere anche rock, o pop sfruttando la tecnologia. Ho anche fondato una scuola proprio per i musicisti che usciti dal conservatorio vogliono approcciarsi allo strumento in modo nuovo.»
Live?
«Dal 17 novembre andremo in Spagna, Barcellona e Madrid , per le date italiane stiamo lavorando, ma vogliamo iniziare dall’estero, poi da gennaio, febbraio suoneremo sicuramente anche in Italia.»
Questo perchè credi che il pubblico straniero sia più ricettivo o pronto al tuo linguaggio musicale?
«Se parli di pubblico io sono convinto che il pubblico italiano sia già pronto e che risponderà benissimo, quelli che non sono pronti sono i teatri o i locali che sono abituati a far esibire il cantautore, bisogna fargli capire che questo è un progetto al quale la gente parteciperebbe. Da questo punto di vista all’estero sono più disponibili.»