Decisamente fusion sembra essere la parola più opportuna vista l’enorme fusione di generi e di modi di pensare al suono e alla sua composizione. Ed è di casa non solo la grande apertura a contaminazioni che spaziano dal jazz alla world più urbana, ma anche l’improvvisazione dentro le pieghe di raffinate soluzioni di arrangiamento. Parliamo del musicista e compositore Andrea Cappi che qui si contorna della collaborazione di Emiliano Vernizzi al sax tenore ed effetti, Riccardo Cocetti alla batteria e Stefano Galassi al basso. Sono i Multibox che pubblicano un primo disco davvero pregiato come “Eleven Tokens”, ciclicità compositiva dentro “scatole” ben caratterizzate che si sovrappongono e si alternano per creare un disegno complessivo in continuo divenire. Ampio spazio alla natura dei suoni, dalle trame acustiche fin dentro le pieghe digitali. Da sottolineare con attenzione e interesse perché sono questi i passaggi di una internazionalizzazione del modo italiano di pensare alla musica.
Oggi il Jazz e le sue tante derive e contaminazioni, secondo te, è un linguaggio che sta tornando ad essere popolare o resta comunque qualcosa di una nicchia?
Quando parliamo di jazz parliamo di un genere che ha già più di un secolo di storia e nel corso di questa ha variato notevolmente il suo linguaggio, sia all’interno della comunità afro-americana in cui è nato, sia alle tante latitudini in cui è arrivato, dove si è mescolato alla cultura musicale locale. Quindi per risponderti prima di tutto dovremmo chiarire che cosa è o non è jazz oggi, argomento molto spinoso che non è il caso di trattare qui… Quello che posso dirti è che, partendo dal presupposto dell’ascoltatore, se sono interessato a un tipo di musica che preveda parti improvvisate con sviluppi diversi e in parte imprevisti durante l’esecuzione, composizioni in cui si esca di tanto in tanto dalle convenzioni armoniche e strutturali più usuali del mainstream e infine una certa padronanza e ricerca del proprio suono come singolo e collettivo….ecco, se non è jazz potrebbe però essere qualcosa che ci si avvicina o che ne condivide approccio e intenzione. E se diamo per buono questo presupposto, posso dirti che credo esistano molte persone interessate ad ascoltare, soprattutto dal vivo, questo tipo di cose. Rispetto alla totalità della gente rimane probabilmente ancora una nicchia ma rispetto all’insieme delle persone che si interessano un pò di musica credo che questo pubblico stia aumentando.
Andrea Cappi è spesso associato anche ad un artista che ricerca un suono. Non so cosa ne pensi ma in generale secondo te quanto questo disco si è concentrato sulla scrittura e quanto invece sulla natura dei suoni?
“Eleven tokens” è un disco incentrato soprattutto sulla scrittura. É stato composto durante i mesi della prima pandemia di Covid del 2020 in cui non avevo a disposizione tutti i miei soliti strumenti (tastiere e altro materiale) e mi sono concentrato quindi su altri elementi, cercando un approccio più essenziale che partisse da presupposti diversi; la contingenza determinata dalla situazione di clausura ha rappresentato quindi uno stimolo in questo caso. L’obiettivo era quello di scrivere brani che lasciassero spazio ad una certa libertà di manipolazione sonora durante la loro esecuzione. Ad esempio ci sono molti frammenti dove l’armonia non si muove particolarmente e questo crea situazioni ottimali per lavorare e modificare suoni attraverso l’elettronica o altre modalità. Si può dunque dire che è un disco dove la scrittura e la struttura sono gli elementi fondanti e funzionali a creare ambienti e impasti sonori che si alternano e sovrappongono.
Guardiamo invece al mondo classico: ecco, pensando alle radici, cosa ci dici? Dove atterriamo se pensiamo alle ispirazioni dei grandi maestri?
Dal punto di vista pianistico ho studiato troppo poco la musica classica nella mia vita e spero di rimediare prima o poi. Per quanto riguarda gli ascolti, se devo scegliere vado soprattutto su Bach e gli impressionisti Debussy e Ravel… mentre sono particolarmente attratto dal lavoro dei compositori sperimentali del primo Novecento: Henry Cowell o Charles Ives per farti qualche nome.
A chiudere pensiamo alle mode del momento, ai video ufficiali, ai social: Multibox in tutto questo, oltre al video live di presentazione, come si interfaccia con un linguaggio puramente estetico e frettoloso (per non dire sintetico)?
Anche se non mi sono mai impegnato particolarmente in tal senso, capisco che ormai la vera promozione musicale avvenga soprattutto tramite canali web. Per questo credo sia utile e interessante proporre qualcosa che sia “consumabile” dal punto di vista visivo oltre che acustico, anche se è inevitabile che questo crei una sempre minor propensione a calarsi nella dimensione pura di quest’ultimo. Io stesso mi rendo conto che spesso preferisco guardare il video di un concerto piuttosto che ascoltare un disco… Forse questo ha a che fare con quella leggera imperfezione che rende il concerto più “vero”…Comunque sia, per non deviare dal discorso, se la dimensione multimediale non ha finalità esclusivamente estetiche volte a “buttare fuori” qualcosa in fretta e furia ma di divulgare il proprio lavoro e permetterne una fruizione a più livelli credo sia una cosa buona e utile da sfruttare. Ultimamente ho fatto alcune registrazioni di brevi live con diversi miei progetti, anche se è doveroso distinguere la ripresa di un vero concerto con pubblico, che ha una sua ragion d’essere, con il concerto senza pubblico realizzato all’interno di uno studio ad uso esclusivo del web, che risulta molto più freddo e perde molti dei tratti e della vitalità che caratterizzano la musica che tentiamo di fare. Ho sperimentato comunque entrambe le situazioni in questi ultimi anni e non posso che confermare quello che ho appena detto… In ultimo, con i Noctua (uno dei progetti a cui ho preso parte negli ultimi tempi) abbiamo realizzato un video animato curato da Giuseppe Giannattasio per il singolo Wrapped in a lush dream: è stata un’operazione molto interessante e il risultato credo sia impressionante. Giuseppe è stato bravissimo a fondere i disegni con le immagini registrate e creare qualcosa di assolutamente coerente con la nostra musica. Spero di collaborare nuovamente con lui in futuro.